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15 febbraio 2019: è morto il prof. Adriano Ossicini, partigiano, psichiatra, senatore, ministro nel governo Dini

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Il comitato provinciale dell'ANPI di Roma saluta con gratitudine il prof. Adiano Ossicini, morto stamattina 15 febbraio.

Militante nella sinistra cattolica, partigiano, psichiatra, senatore nel PCI, ministro per la famiglia e la solidarietà sociale nel governo Dini. 

La Camera Ardente al Senato dalle 17,00 di oggi 15 febbraio a domani fino alle ore 13,00.
I funerali si terranno Lunedì 18 febbraio presso la Basilica di Santa Sabina all'Aventino in orario ancora non definito.

Medaglia d'argento al valor militare; questa la motivazione del riconoscimento:

«Già detenuto per antifascismo contraeva in carcere grave malattia e, riconquistata la libertà alla caduta della dittatura, si ergeva nobile assertore di ogni libero principio contro gli oppressori. Organizzava una valorosa forte formazione partigiana alla cui testa compiva numerosi atti di sabotaggio e azioni di guerriglia costituenti numeroso serto di eroismi che infiora il periodo della lotta clandestina dalle giornate di Porta San Paolo a quelle della liberazione di Roma. Braccato, dalle polizie nazifasciste che avevano posto sulla sua persona elevata taglia, riusciva due volte ad evitare l'arresto occultando documenti importantissimi che, se fossero caduti in possesso del nemico, avrebbero compromesso il movimento partigiano locale e le personalità in esso implicate. Perseguitato sugli affetti famigliari e, benché fisicamente menomato, non desisteva dalla lotta e persisteva nella sua azione di comando dei suoi prodi infondendo in essi l'ardire e la fede per il conseguimento della vittoria. Bello esempio di valoroso combattente e di capace organizzatore.»
Roma, 8 settembre 1943 - 4 giugno 1944.

Insieme al prof. Pietro Borromeo inventò un famigerato "morbo K" per salvare molti ebrei dalla deportazione.
La terra ti sia lieve, R.i.p.






Un’isola sul Tevere (Editori Riuniti) – il volume nel quale Adriano Ossicini racconta dieci anni fondamentali della nostra storia attraverso le straordinarie esperienze di un giovane antifascista, studente di medicina nell’ospedale Fatebenefratelli, protagonista della Resistenza, il tutto legato a un’isola sul Tevere che diviene via via un emblema di libertà e di antifascismo – ha avuto un particolare successo e la prima edizione si è rapidamente esaurita. Era perciò evidente che fosse necessaria una seconda edizione, e il dibattito molto ampio che il libro ha suscitato ha indirizzato l’autore ad accettare la richiesta di approfondire quella parte riguardante il suo ruolo nelle precoci esperienze di lotta contro il fascismo e nella Resistenza, visto che venivano segnalati avvenimenti e documenti di straordinaria importanza. L’autore, abbastanza a malincuore, ma rendendosi conto dell’utilità di queste richieste, ha inserito nel volume notazioni e documenti inediti di grande interesse pur ribadendo che questo saggio non vuol essere un volume di storia, ma, attraverso la narrazione di un’affascinante esperienza clinica, un tributo di riconoscenza per tutti coloro che, dal ’37 al ’47, con lui vissero nell’ospedale Fatebenefratelli una straordinaria esperienza umana. Le integrazioni assumono un singolare valore, proprio in un momento nel quale si celebra la ricorrenza del sessantesimo anniversario della Liberazione. Cioè in un quadro politico e culturale dai forti contrasti, nel quale da un lato atteggiamenti revisionistici tendono ad assumere una straordinaria rilevanza, dall’altro il presidente della Repubblica, in modo autorevole, non si stanca mai di riproporre il valore fondante della Resistenza nella nostra realtà democratica. 

Ora, Ossicini sente la responsabilità di essere uno dei pochi e, per alcuni aspetti, anche l’unico testimone autorevole di avvenimenti fondamentali che, dal ’37 al ’47, impegnarono una minoranza, all’inizio molto esigua – specialmente quella di orientamento cattolico –, in una lotta sistematica, coraggiosa e con duri pedaggi, contro il fascismo e contro il nazismo. Documenti legati a un’esperienza personale (che iniziò nel 1937), attraverso i quali è possibile percorrere dieci anni decisivi della nostra vita nazionale, sono proposti in modo organico e permettono di formulare giudizi abbastanza precisi su problematiche spesso discusse e controverse. Quando recentemente al professor Giovanni Borromeo, primario del Fatebenefratelli, al quale è dedicato questo libro, è stato dato in modo ufficiale, in una solenne cerimonia, il riconoscimento di “uomo giusto” dall’ambasciata di Israele in Italia, è stato chiamato proprio Ossicini a testimoniare ciò che nel libro viene ampiamente documentato: che cosa significò, cioè, l’invenzione della “sindrome K”. Per riconoscere gli ebrei ricoverati, per salvarli dai nazisti, si metteva sulle cartelle un “K” che significava sindrome di… Kesselring! Le pagine nelle quali viene raccontato come Ossicini e i suoi amici del Fatebenefratelli fanno fuggire gli ebrei al momento della razzia sono drammatiche, ma straordinarie. È importante la documentazione attraverso cui è possibile rendersi conto dell’ampiezza e del valore della Resistenza a Roma, con la testimonianza dell’ultimo rimasto dei membri del comando militare che la guidò e che, appunto per questo, essendo testimone dei combattimenti di Porta San Paolo, è stato chiamato proprio a Porta San Paolo dal presidente della Repubblica a ricordare quell’avvenimento. Di indubbio interesse è la documentazione di una serie di incontri politici: nel 1938 con De Gasperi e poi con Moro, e in particolare con Andreotti nella Fuci; il sodalizio con Guido Calogero e i rapporti precoci con i comunisti nella Resistenza, in particolare con Giorgio Amendola e con Pietro Ingrao; e poi, ancora, gli incontri con Riccardo Bauer, con la medaglia d’oro Cordero di Montezemolo e con don Morosini! C’è anche il racconto della prima e sistematica esperienza di un gruppo di cristiani organizzati in una formazione antifascista; furono rinchiusi nel carcere di Regina Coeli a disposizione del Tribunale speciale, e Pio XII intervenne presso Mussolini per la concessione a Ossicini della “grazia” che lui, ovviamente, rifiutò. In sostanza, l’autore ha completato la parte narrativa su avvenimenti di carattere storico con documenti di carattere specifico. Questo è importante per due ragioni. Innanzitutto per testimoniare ancora la qualità e il valore di un certo tipo di esperienze nell’antifascismo e nella Resistenza, che non fu una guerra civile, ma una vera guerra di liberazione. In secondo luogo per documentare il tipo di partecipazione di una limitata ma singolare parte del laicato cristiano alla Resistenza e alla lotta contro il nazismo e il fascismo, in un periodo storico in cui purtroppo la collusione fra Vaticano e fascismo era stata molto ampia. Paolo Emilio Taviani, quando volle che nel museo di via Tasso fosse posta in un quadro la foto segnaletica della polizia fascista che poneva una taglia su Adriano Ossicini «sovversivo, latitante, responsabile di omonima banda armata», disse che era giusto che quella foto fosse conservata lì, non solo perché raffigurava uno dei responsabili della Resistenza a Roma, ma perché era anche un modo per testimoniare come la Resistenza non sia stata una specie di guerra civile fra comunisti e fascisti, ma un largo moto popolare nel quale si erano impegnati in modo significativo anche giovani e non giovani di formazione cristiana. Per tutto questo pensiamo che la nuova edizione del libro di Ossicini riaprirà un ampio dibattito su tali temi.
http://www.30giorni.it/articoli_id_8835_l1.htm





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