Sabato 18 luglio 2020 dalle ore 18:30 alle 23:30
Piazza dei Sanniti, San Lorenzo
Pubblico Organizzato da
ANPI San Lorenzo
e Libera Repubblica di San Lorenzo
CADONO LE BOMBE A SAN LORENZO
Giornata in memoria del bombardamento del 19 Luglio 1943
Sabato 18 LUGLIO 2020 | Piazza dei Sanniti
Giornata in memoria del bombardamento del 19 Luglio 1943
Sabato 18 LUGLIO 2020 | Piazza dei Sanniti
PROGRAMMA
ore 18.30 - 20.30
ASSEMBLEA/DIBATTITO
"Guerra e Dopoguerra, Pandemia e post Pandemia"
Partecipano:
Mauro Capocci (storico della medicina, Univ. Pisa)
Emanuele De Luca
(CLAP - Camere del Lavoro Autonomo e Precario
)Davide Romaniello (economista di
Coniare Rivolta
)Enea Tomei
(Quarantena Solidale - Libera Repubblica di San Lorenzo)Giulia Zitelli Conti (storica, Sapienza Univ. di Roma)
Contributi audio "Voci dal lockdown"
In chiusura alle 20,30
- Intervento teatrale di Ascanio Celestini
- Cena in convenzione con Vox Populiche devolverà il 30% del ricavato alla serata, Via dei Volsci 113/115 incrocio Piazza dei Sanniti ore 21.30
- In ricordo di Giorgio Bisegna - Proiezione del filmato e ricordi delle compagne e dei compagni (sarà presente Lidia Piccioni)
- A seguire - Gaia Riposati recita Majakovskij (Cineforum Antivirale ).
- Emilio Stellain concerto
Giornata in memoria del bombordamento del 19 Luglio 1943
Sabato 18 LUGLIO 2020 | Piazza dei Sanniti
Il tema scelto per il dibattito del 18 luglio si propone di collegare la realtà dell’oggi, con la pandemia globale che abbiamo sperimentato e stiamo sperimentando, a una vicenda traumatica della storia passata (il bombardamento del 1943 che ha colpito San Lorenzo e il dopoguerra), andando a guardare i problemi strutturali, sociali e umani che le due vicende storiche hanno provocato (l’una lontana nel tempo, l’altra a noi contemporanea).
Riteniamo che non sia una forzatura legare due vicende così lontane. Anche senza similitudini belliche, siamo oggi di fronte a cambiamenti radicali che incidono profondamente sulla struttura economica e sugli equilibri della società.
In primis l’importanza epocale di quello che sta succedendo è qualcosa che richiama da vicino i cambiamenti traumatici provocati da una guerra. C’è qualcosa di epocale in quello che sta accedendo ora come allora.
Se osserviamo la realtà dal punto di vista economico, la pandemia reintroduce le problematiche per il sistema produttivo, anche dal lato dell’offerta (cioè della capacità o difficoltà del sistema economico di produrre), che hanno una dimensione tale da richiamare quelle del periodo bellico. La pandemia di oggi evidenzia l’insostenibilità e i limiti di un sistema produttivo organizzato in base alla globalizzazione. Infatti, nel momento in cui vengono chiuse le frontiere e dunque si blocca lo spostamento di persone e di merci, fermando così il mercato globale, è l’intero sistema produttivo, sul versante della domanda e dell’offerta, a subire pesanti contraccolpi, poiché all’improvviso si ritrova ad operare in un contesto tutt’altro rispetto a quello precedente. Si genera così una crisi che richiama da molti punti di vista quella che si è verificata nel periodo bellico, durante il quale non si producono beni civili perché si è costretti a produrre beni per il settore militare o semplicemente perché mancano le persone che producono in quanto impegnate in guerra.
Da qui le pesanti conseguenze sul piano della crisi sociale, a partire dalle gravi ripercussioni a livello dell’occupazione che colpiscono in particolare alcune fasce di lavoratrici e lavoratori, e più in generale la penalizzazione dei redditi soprattutto delle aree precarie della popolazione con conseguente pauroso aumento dei tassi di povertà ancora più accentuati tra i giovani e gli anziani, come abbiamo potuto osservare anche nel nostro quartiere durante la Quarantena Solidale.
Altri paralleli possono essere tracciati. Basti pensare al ruolo svolto dalle donne nella sfera privata familiare ma anche in quella pubblica lavorativa nei momenti di emergenza e di crisi. Un carico doppio che ricade sulle loro spalle per fare fronte alle emergenze nell’organizzazione familiare domestica materna, rispondendo al tempo stesso a ruoli lavorativi essenziali anche per la società. E tuttavia la penalizzazione che soprattutto nella sfera del lavoro si profila non appena quella crisi acuta sembra passata. Magari per lasciare il posto ad una occupazione maschile come è accaduto nel secondo dopoguerra. O come si sta verificando ancora una volta in questi mesi con le massicce dimissioni di lavoratrici madri nell’impossibilità di “conciliare” il ruolo professionale con quello del lavoro di cura.
La pandemia ha messo anche in evidenza differenze che possono trasformarsi in fratture e contrapposizioni tra lavoratori che manipolano simboli e quelli che sono a contatto con persone e cose. Sono questi ultimi – infermieri, trasportatori, riders, netturbini, elettricisti, droghieri, fornai, agricoltori – donne e uomini ad essere direttamente esposti al contagio, poco importa che siano precari o stabili. Ancora ieri venivano descritti come “lavoratori di routine”, la cui remunerazione doveva essere adeguata alla concorrenza internazionale. Oggi è il loro lavoro a rivelarsi cruciale per la nostra sopravvivenza, e il loro valore viene celebrato nonostante la debolezza del suo “prezzo di mercato”.
Emerge così nell’insieme dalle vicende traumatiche di questi mesi un bisogno di cura delle persone, dell’ambiente, delle relazioni tra esseri viventi che rinvia alla necessità di ri-trovare un tessuto comune, nel rispetto delle differenze, a partire anche da una riflessione sulla storia passata per cercare di costruire assieme, in maniera solidale, prospettive volte al futuro.