Il 2 agosto 1980 una bomba piazzata nella stazione ferroviaria di Bologna dal gruppo fascista dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) provocò 85 morti e 200 feriti.
Per l’eccidio sono stati condannati in via definitiva i fascisti Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro, Luigi Ciavardini e, nel gennaio 2020 in primo grado, Gilberto Cavallini.
Come in tutte le stragi di civili che hanno funestato l’Italia repubblicana dal 1 maggio 1947 (Portella della Ginestra) fino al biennio 1992-93 i depistaggi, le omissioni, le coperture dei responsabili da parte di apparati dello Stato hanno impedito una ricostruzione completa della verità e dunque l’esercizio democratico della giustizia.
Rispetto alla strage di Bologna sono stati condannati per depistaggio in via definitiva Licio Gelli (capo della loggia massonica P2), Francesco Pazienza (esponente della P2 e uomo legato ai servizi segreti italiani), il generale Pietro Musumeci (capo del SISMI) e Giuseppe Belmonte (colonnello dei carabinieri e ufficiale del SISMI).
Nuove indagini della Procura e ricerche sembrano aprire dopo quarant'anni nuovi scenari sulla strage chiamando in causa coloro che vengono considerati i mandanti dell’eccidio e che fecero organicamente parte, in posizioni di vertice, degli apparati dello Stato: Federico Umberto D’Amato, Pietro Musumeci, Francesco Pazienza, Giuseppe Santovito e Licio Gelli.
Nel quarantesimo anniversario dell’attentato l'ANPI Provinciale di Roma nell'esprimere vicinanza, solidarietà e sostegno alla Associazione dei Familiari delle Vittime della strage di Bologna si impegna non soltanto a mantenere viva la memoria storica del Paese rispetto alle stragi fasciste ma a lottare affinché tutta la verità sugli anni della «strategia della tensione», sui suoi ispiratori ed esecutori materiali emerga in modo completo e definitivo.
Lo si deve alle vittime ed ai loro familiari e lo si deve alla dignità della Repubblica democratica antifascista nata dalla Resistenza.