E' morto a 102 anni Sergio Lepri, grandissimo maestro di giornalismo, diresse, tra l'altro, il giornale clandestino del Partito Liberale durante la Resistenza a Firenze e scrisse per "la Nazione del Popolo" organo del Comitato di Liberazione.
Il comitato provinciale dell’ANPI di Roma esprime le più sentite condoglianze alla famiglia.
Sergi Lepri nel 2016, al momento della consegna della Medaglia della Liberazione del Ministero della Difesa
Sergio Lepri è nato a Firenze nel 1919, l’anno che, facendo seguito alla fine della prima guerra mondiale, fu chiamato l’anno di ferro. A Firenze si è laureato in filosofia nel 1940; la tesi era sull’estetica di Benedetto Croce. “Lei l’ha distrutta” disse un relatore (Chiavacci) “senza costruirne una sua”. “Mi lasci tempo” rispose Lepri, “ho solo vent‘anni”. Ha mantenuto l’impegno, continuando a occuparsi di arte e di estetica.
Nel 1943 era sottufficiale (ufficiale no, gli mancavano due millimetri di statura) all’Ufficio operazioni del Comando della Quinta Armata e così fu testimone in prima fila di quello che successe dopo l’arresto di Mussolini il 25 luglio e l’armistizio dell’8 settembre. Meglio – dice – degli storici.
Al giornalismo è arrivato durante la Resistenza, dirigendo a Firenze il giornale clandestino del Partito liberale. Poi, a guerra non ancora finita, entrò nel 1945 alla “Nazione del popolo”, organo del Comitato di liberazione. Nel 1950 era redattore capo del “Giornale del Mattino”, il quotidiano che, diretto da Ettore Bernabei, veniva chiamato l’organo della repubblica fiorentina di La Pira. Nel 1956 ne divenne corrispondente da Parigi, quando Bernabei passò al “Popolo”.
Nel 1957, giornalista senza tessere (votava per il Partito repubblicano), fu scelto da Amintore Fanfani come suo portavoce e poi come capo del Servizio stampa del suo governo dal 1958 al febbraio del 1959. Un anno e mezzo dopo, disoccupato, fu assunto dall’Ansa nel settembre del 1960 e nominato prima vicedirettore nel gennaio 1961 e poi, un anno dopo, direttore.
Da impresa artigianale, l’Ansa crebbe anno dopo anno. Negli anni '70 era diventata dopo Ap, Afp, Reuter – la quarta agenzia di stampa nel mondo, in competizione con la tedesca Dpa e la spagnola Efe. Negli anni Ottanta era, dopo l’inglese Reuters, l’agenzia più avanzata sul piano informatico; fu la prima agenzia nel mondo ad avere un archivio elettronico delle informazioni. Ha lasciato la direzione dell’agenzia nel 1990. Per trenta anni – sostiene – l’Ansa ha assicurato a tutta la stampa scritta e parlata e anche ai più importanti organi pubblici e privati una informazione completa e imparziale. Non c’era ancora Internet. Ha scritto parecchi libri. Molti di didattica; l’ultimo “News, manuale di linguaggio e di stile per l’informazione scritta e parlata” (Rizzoli, 2011). Alcuni di storia (il più importante “L’agenzia Stefani da Cavour a Mussolini”, Le Monnier, 1999 e 2001). L’ultimo libro l’ha scritto a 94 anni con Ettore Bernabei: “Permesso, grazie, scusi. Dialogo fra un cattolico fervente (Ettore) e un laico impenitente (Sergio)”.
Dal 1986 al 2004 è stato docente di “Linguaggio dell’informazione” nella scuola di giornalismo della Luiss. Ha praticato con regolarità tre sport: il tennis (fino al 2015), la roccia (fino al 2006) e lo sci di fondo (ancora).
Ha avuto parecchie onorificenze. A una tiene molto: di cavaliere di gran croce, l’onorificenza più alta della repubblica italiana.
Nel 1943 era sottufficiale (ufficiale no, gli mancavano due millimetri di statura) all’Ufficio operazioni del Comando della Quinta Armata e così fu testimone in prima fila di quello che successe dopo l’arresto di Mussolini il 25 luglio e l’armistizio dell’8 settembre. Meglio – dice – degli storici.
Al giornalismo è arrivato durante la Resistenza, dirigendo a Firenze il giornale clandestino del Partito liberale. Poi, a guerra non ancora finita, entrò nel 1945 alla “Nazione del popolo”, organo del Comitato di liberazione. Nel 1950 era redattore capo del “Giornale del Mattino”, il quotidiano che, diretto da Ettore Bernabei, veniva chiamato l’organo della repubblica fiorentina di La Pira. Nel 1956 ne divenne corrispondente da Parigi, quando Bernabei passò al “Popolo”.
Nel 1957, giornalista senza tessere (votava per il Partito repubblicano), fu scelto da Amintore Fanfani come suo portavoce e poi come capo del Servizio stampa del suo governo dal 1958 al febbraio del 1959. Un anno e mezzo dopo, disoccupato, fu assunto dall’Ansa nel settembre del 1960 e nominato prima vicedirettore nel gennaio 1961 e poi, un anno dopo, direttore.
Da impresa artigianale, l’Ansa crebbe anno dopo anno. Negli anni '70 era diventata dopo Ap, Afp, Reuter – la quarta agenzia di stampa nel mondo, in competizione con la tedesca Dpa e la spagnola Efe. Negli anni Ottanta era, dopo l’inglese Reuters, l’agenzia più avanzata sul piano informatico; fu la prima agenzia nel mondo ad avere un archivio elettronico delle informazioni. Ha lasciato la direzione dell’agenzia nel 1990. Per trenta anni – sostiene – l’Ansa ha assicurato a tutta la stampa scritta e parlata e anche ai più importanti organi pubblici e privati una informazione completa e imparziale. Non c’era ancora Internet. Ha scritto parecchi libri. Molti di didattica; l’ultimo “News, manuale di linguaggio e di stile per l’informazione scritta e parlata” (Rizzoli, 2011). Alcuni di storia (il più importante “L’agenzia Stefani da Cavour a Mussolini”, Le Monnier, 1999 e 2001). L’ultimo libro l’ha scritto a 94 anni con Ettore Bernabei: “Permesso, grazie, scusi. Dialogo fra un cattolico fervente (Ettore) e un laico impenitente (Sergio)”.
Dal 1986 al 2004 è stato docente di “Linguaggio dell’informazione” nella scuola di giornalismo della Luiss. Ha praticato con regolarità tre sport: il tennis (fino al 2015), la roccia (fino al 2006) e lo sci di fondo (ancora).
Ha avuto parecchie onorificenze. A una tiene molto: di cavaliere di gran croce, l’onorificenza più alta della repubblica italiana.
La sua intervista per "Noi Partigiani":
https://www.noipartigiani.it/sergio-leprisergio-lepri/
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