Nato a Fubine Monferrato (AL) nel 1900, morto a Roma nel 1980, dirigente e parlamentare comunista.
Studente al Politecnico di Torino, frequenta la Scuola militare di Parma, ufficiale dell'esercito. Segretario del Gruppo studentesco socialista di Torino, nel 1921 aderisce al Partito comunista d'Italia; membro della Segreteria nazionale della Federazione giovanile comunista (Fgci), direttore del periodico Avanguardia. Arrestato nel '23 e nel '24, espatria clandestinamente in Francia, dirigente dell'organizzazione comunista. Componente del Comitato esecutivo della Internazionale comunista nel '33. Nel 1936 accorre in Spagna, al comando delle Brigate internazionali antifasciste che si oppongono alle milizie fasciste del gen. Franco; ferito in combattimento ad Alarcon. Arrestato in Francia nel '41 è consegnato al regime italiano e confinato a Ventotene. Nell'agosto '43 caduto il fascismo, lascia l'isola trasferendosi a Milano. Ispiratore e organizzatore delle formazioni partigiane Garibaldi, responsabile della Direzione del PCI per l'Alta Italia, costruttore e vice comandante del CVL, tra i massimi dirigenti della Resistenza. Decorato della "Bronze star" americana, ininterrottamente deputato al Parlamento, vice segretario del PCI, indi segretario generale dal 1964, alla morte di Palmiro Togliatti e infine presidente negli anni della segreteria di Enrico Berlinguer. Fondatore e direttore del settimanale Vie Nuove, autore di numerosi saggi e studi fondamentali sul movimento di liberazione italiano
https://futuraumanita.com/2020/03/15/luigi-longo-una-vita-per-il-socialismo-e-la-democrazia/
Luigi Longo, una vita per il socialismo e la democrazia
di Alexander Hobel
In occasione del 120° anniversario della nascita di Luigi Longo, il leggendario “Gallo”, Segretario generale del Pci dal 1964 al 1972, pubblichiamo l’articolo “Luigi Longo, una vita per il socialismo e la democrazia”(da: “Quaderno di storia contemporanea”, 2010, n. 47).
1. Desta stupore e amarezza il fatto che il ricordo di Luigi Longo sia – anche a sinistra – così debole. Lo stupore è forte poiché Longo, per più di mezzo secolo, è stato tra i personaggi più importanti e significativi della storia del PCI – e dunque di una componente essenziale della democrazia italiana –; braccio destro di Togliatti per vent’anni e poi suo successore alla guida del Partito; e in generale protagonista di tutti i principali momenti di svolta, di tutti gli sviluppi e i salti di qualità che l’azione dei comunisti nel nostro Paese ha avuto. È possibile che proprio questo sia il motivo che ha provocato una sorta di rimozione della sua figura: Longo non può essere presentato né come un “socialdemocratico ante litteram” né come una figura connotata da un generico radicalismo; è stato un comunista “al cento per cento”, dall’inizio alla fine, e pertanto non è utilizzabile per nella costruzione di identità tutte basate sull’“ex” e sul “post”.
Va detto, però, che una considerazione non adeguata dell’opera e della figura di Longo non comincia adesso. Per Alessandro Natta, “la parte di Longo nella storia del PCI, del nostro paese, del movimento operaio internazionale è stata incomparabilmente più rilevante di quanto oggi non appaia”. Emanuele Macaluso lo ha definito “un segretario sottovalutato”, sottolineando il suo essere profondamente democratico e aperto all’ascolto: “Nel PCI – ha scritto – non ho visto un’altra persona che, come Longo, considerasse le opinioni degli altri così degne da fargli cambiare le proprie”. Per Giuseppe Boffa, è stato “il più democratico fra i segretari del PCI”, ma anche “il migliore segretario generale”(1) . Molti testimoni, tra cui Aldo Tortorella, ne parlano come del segretario “più a sinistra” (2) .
2. La vita stessa di Longo procede parallelamente a quella del Partito, e la segue in tutti i suoi principali passaggi, in tutti i più significativi punti di svolta. Piemontese, figlio di contadini, studente al Politecnico, l’esperienza della prima guerra mondiale lo avvicina alle idee socialiste. Entrato nella Federazione giovanile, si avvicina alla frazione bordighiana, e partecipa al Congresso di Livorno del 1921: è dunque tra i fondatori del PCd’I, ed entra subito nel Comitato Centrale della FGC. In Piemonte promuove la formazione di squadre armate contro la violenza fascista, e nel 1923 è arrestato nell’ambito della “battuta anticomunista” che porta in carcere molti quadri del Partito. Tornato libero, Longo matura il distacco dalle posizioni della sinistra bordighiana, cui imputa l’incapacità di concepire una politica di alleanze di stampo leninista, che consenta di opporsi al fascismo e riprendere il processo rivoluzionario. Dal 1926, Longo è responsabile del Centro estero della FGCI (con Secchia alla guida del Centro interno), e in questa veste trascorre vari mesi a Mosca come membro dell’Esecutivo dell’Internazionale giovanile comunista (3).
Sul piano internazionale, si schiera a favore della linea del “socialismo in un solo paese”, mentre sul piano interno – sostenuto da Secchia – chiede di abbandonare la parola d’ordine dell’Assemblea repubblicana, cara a Gramsci, per sostituirla con quella del “Governo operaio e contadino”. La battaglia condotta dai giovani, dirà Longo, è originata dal fatto che “essi avevano la sensazione, sia pur vaga, che qualcosa stava radicalmente mutando nella situazione del paese e che, perciò, piuttosto che appellarsi alla continuità di una linea politica” – e a parole d’ordine poco comprensibili e mobilitanti – occorreva “mettere in primo piano la presenza organizzata del partito” (4) .
Sebbene rimasto in minoranza, Longo diviene membro candidato dell’Ufficio politico del PCd’I, tra i responsabili del nuovo Centro interno, e infine membro della Segreteria. In queste vesti, Longo (ormai “Gallo”) è il principale fautore della politica della svolta, ossia di quel mutamento di orientamento che matura alla fine del 1929 e porta a concentrare tutte le forze nell’azione all’interno del Paese, preparando il ritorno dello stesso gruppo dirigente. In Italia, infatti, i primi effetti della crisi economica stanno stimolando una nuova “combattività delle masse”, una disponibilità, soprattutto “della gioventù operaia, studentesca, a una più attiva partecipazione alla lotta e all’antifascismo”. Di qui la necessità che il Partito raccolga questa spinta e ne sia l’interprete più conseguente (5) .
Sul piano internazionale, si schiera a favore della linea del “socialismo in un solo paese”, mentre sul piano interno – sostenuto da Secchia – chiede di abbandonare la parola d’ordine dell’Assemblea repubblicana, cara a Gramsci, per sostituirla con quella del “Governo operaio e contadino”. La battaglia condotta dai giovani, dirà Longo, è originata dal fatto che “essi avevano la sensazione, sia pur vaga, che qualcosa stava radicalmente mutando nella situazione del paese e che, perciò, piuttosto che appellarsi alla continuità di una linea politica” – e a parole d’ordine poco comprensibili e mobilitanti – occorreva “mettere in primo piano la presenza organizzata del partito” (4) .
Sebbene rimasto in minoranza, Longo diviene membro candidato dell’Ufficio politico del PCd’I, tra i responsabili del nuovo Centro interno, e infine membro della Segreteria. In queste vesti, Longo (ormai “Gallo”) è il principale fautore della politica della svolta, ossia di quel mutamento di orientamento che matura alla fine del 1929 e porta a concentrare tutte le forze nell’azione all’interno del Paese, preparando il ritorno dello stesso gruppo dirigente. In Italia, infatti, i primi effetti della crisi economica stanno stimolando una nuova “combattività delle masse”, una disponibilità, soprattutto “della gioventù operaia, studentesca, a una più attiva partecipazione alla lotta e all’antifascismo”. Di qui la necessità che il Partito raccolga questa spinta e ne sia l’interprete più conseguente (5) .
Bisogna – dice Longo nel suo progetto di risoluzione – che tutto l’apparato del partito […] sia decisamente orientato verso il ritorno in Italia non solo come lavoro (il che è sempre stato) ma anche come sede” (6) .
Su questo si consuma la rottura con Tresso, Leonetti e Ravazzoli. Ma sarà proprio questa politica – pur con i suoi errori di valutazione sulla radicalizzazione delle masse, e pur con gli alti costi umani che implicherà – a consentire quella capillare presenza dei comunisti nel Paese, e quell’emergere di una nuova leva di quadri, che saranno alla base della loro egemonia nella lotta antifascista e poi nella Resistenza. Scriverà infatti Secchia:
Il contributo del PCI alla lotta di liberazione fu così alto perché il partito, impegnandosi senza risparmio […] alla lotta clandestina contro il fascismo, […] avendo saputo effettuare nel 1929-31 una ‘svolta’ di intensa presenza nel paese a tutti i costi, popolando i penitenziari del regime mussoliniano con i suoi migliori uomini, aveva fatto una scelta giusta, sparso una semina, accumulando un patrimonio umano, politico e rivoluzionario che poté raccogliere e spendere nella Resistenza (7).
E Amendola aggiungerà:
È con la svolta che il PCI sfugge al destino di diventare un partito emigrato come gli altri, riafferma la sua presenza organizzata nel Paese, svolge un reclutamento che in alcuni momenti e in alcune località diventa di massa, capovolge i vecchi rapporti di forza in seno al movimento operaio, […] conquista insomma, una egemonia nello sviluppo della lotta antifascista, che manterrà fortemente nelle battaglie della Resistenza (8).
Nel 1929-30, dunque, Longo, è forse il principale fautore della svolta. In particolare, esorta a riprendere il proselitismo fra gli operai, rafforzare la CGL clandestina, costituire comitati di lotta, “squadre di difesa” e gruppi di “giovani arditi antifascisti”. Nei mesi seguenti, i risultati non mancheranno, anche se la repressione poliziesca colpirà duramente il quadro militante.
3. Allo stesso modo, e sulla base di una correzione di rotta, Gallo è protagonista della fase dei Fronti popolari. Nel 1934 firma assieme a Nenni un primo manifesto unitario coi socialisti, contro il fascismo e la guerra, base del patto di unità d’azione tra i due partiti. Alla vigilia dell’aggressione fascista all’Etiopia, Longo pone al gruppo dirigente del PCd’I la prospettiva della creazione di un fronte popolare in Italia, ma anche l’obiettivo del “partito unico operaio”, assieme ai socialisti. “Noi vogliamo il Partito unico – dice Longo – lo vogliamo non come lontana aspirazione ma come realtà immediata”. Questa unità – continua – può e deve
assicurare al proletariato […] la direzione della lotta politica. Il proletariato unito […] è condizione per il raggruppamento attorno ad esso di tutti gli strati malcontenti della popolazione, di tutti quelli che vogliono farla finita con il […] fascismo […].
[…] strati notevoli di lavoratori sono ancora lontani dalle posizioni del nostro programma, pur essendo decisamente antifascisti e contro la guerra, e noi abbiamo il dovere di non disinteressarci di queste masse, ma di andare loro incontro, di collegarci con gli aggruppamenti politici in cui esse hanno ancora fiducia, di stabilire con questi aggruppamenti delle intese […]. È il problema, cioè, del fronte popolare che si pone anche per l’Italia (9) .
[…] strati notevoli di lavoratori sono ancora lontani dalle posizioni del nostro programma, pur essendo decisamente antifascisti e contro la guerra, e noi abbiamo il dovere di non disinteressarci di queste masse, ma di andare loro incontro, di collegarci con gli aggruppamenti politici in cui esse hanno ancora fiducia, di stabilire con questi aggruppamenti delle intese […]. È il problema, cioè, del fronte popolare che si pone anche per l’Italia (9) .
Per Gallo, dunque, la rivoluzione italiana deve essere una “rivoluzione popolare antifascista”, in cui il proletariato sia alla testa di un fronte di alleanze più vasto.
Al tempo stesso, Longo è tra i primi a cogliere il processo di internazionalizzazione del fenomeno fascista, e tra i più tenaci a tentare di contrastarlo. All’indomani dell’aggressione all’Etiopia da parte dell’Italia, è tra gli organizzatori del Congresso di Bruxelles contro la guerra e il fascismo. Nel settembre 1936, poco dopo il golpe di Franco e lo scoppio della guerra civile, è già in Spagna, dove organizza la componente italiana di quelle Brigate internazionali che – dopo l’appello di Stalin a favore del governo repubblicano – diventano un fenomeno di massa. In Spagna, dove partecipa alla difesa di Madrid e dove sarà anche ferito, il “comandante Gallo” diventa leggendario e – come ha scritto Spriano – si rivela, “per il suo spirito pratico e per le sue doti umane”, l’uomo adatto a risolvere le situazioni più delicate. Non a caso, Longo – coadiuvato da Giuseppe Di Vittorio e André Marty – diviene ispettore generale (e dunque innanzitutto dirigente politico) delle Brigate, che raccoglieranno circa 50.000 volontari di 52 paesi. Nelle stesse settimane, è anche nella delegazione del Comintern all’incontro di Annemasse coi dirigenti della II Internazionale, per verificare le possibilità di un’azione comune in favore della Spagna e contro il fascismo (10) .
Dopo la Spagna, il prestigio internazionale di Longo è ormai grande. Assieme a Buozzi, è eletto presidente dell’Unione Popolare, che in Francia raccoglie cinquantamila emigrati italiani e appare il nucleo di una più vasta Alleanza antifascista. Per Longo, occorre “l’unità del popolo italiano nella lotta contro il fascismo. In essa gli interessi della classe operaia italiana si identificano con quelli di tutto il popolo”. Tuttavia, quell’esperienza unitaria subisce presto una battuta d’arresto, e, all’indomani del patto Molotov-Ribbentrop, Longo è arrestato a Parigi, e inviato al campo del Vernet con altri dirigenti comunisti. All’inizio del ’42, la polizia francese lo consegna a quella italiana, cosicché finisce prima a Regina Coeli e poi in confino a Ventotene, in quella che fu una vera e propria “accademia dell’antifascismo” (11) .
Al tempo stesso, Longo è tra i primi a cogliere il processo di internazionalizzazione del fenomeno fascista, e tra i più tenaci a tentare di contrastarlo. All’indomani dell’aggressione all’Etiopia da parte dell’Italia, è tra gli organizzatori del Congresso di Bruxelles contro la guerra e il fascismo. Nel settembre 1936, poco dopo il golpe di Franco e lo scoppio della guerra civile, è già in Spagna, dove organizza la componente italiana di quelle Brigate internazionali che – dopo l’appello di Stalin a favore del governo repubblicano – diventano un fenomeno di massa. In Spagna, dove partecipa alla difesa di Madrid e dove sarà anche ferito, il “comandante Gallo” diventa leggendario e – come ha scritto Spriano – si rivela, “per il suo spirito pratico e per le sue doti umane”, l’uomo adatto a risolvere le situazioni più delicate. Non a caso, Longo – coadiuvato da Giuseppe Di Vittorio e André Marty – diviene ispettore generale (e dunque innanzitutto dirigente politico) delle Brigate, che raccoglieranno circa 50.000 volontari di 52 paesi. Nelle stesse settimane, è anche nella delegazione del Comintern all’incontro di Annemasse coi dirigenti della II Internazionale, per verificare le possibilità di un’azione comune in favore della Spagna e contro il fascismo (10) .
Dopo la Spagna, il prestigio internazionale di Longo è ormai grande. Assieme a Buozzi, è eletto presidente dell’Unione Popolare, che in Francia raccoglie cinquantamila emigrati italiani e appare il nucleo di una più vasta Alleanza antifascista. Per Longo, occorre “l’unità del popolo italiano nella lotta contro il fascismo. In essa gli interessi della classe operaia italiana si identificano con quelli di tutto il popolo”. Tuttavia, quell’esperienza unitaria subisce presto una battuta d’arresto, e, all’indomani del patto Molotov-Ribbentrop, Longo è arrestato a Parigi, e inviato al campo del Vernet con altri dirigenti comunisti. All’inizio del ’42, la polizia francese lo consegna a quella italiana, cosicché finisce prima a Regina Coeli e poi in confino a Ventotene, in quella che fu una vera e propria “accademia dell’antifascismo” (11) .
4. Dopo il 25 luglio 1943, Longo viene liberato, e partecipa alle prime riunioni della Direzione del PCI, che si divide nei gruppi di Roma e Milano, nel quale entrerà. Siamo ormai alla fine di agosto, il disorientamento è generale, il governo Badoglio reprime le manifestazioni popolari e intanto i tedeschi occupano una parte del Paese. È a questo punto – ricorderà Amendola – che Longo assume la direzione della lotta di liberazione:
Lo vedo ancora camminare in silenzio per la stanza e poi mettersi a scrivere quello che sarà il Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale contro l’occupazione e la minaccia di colpi di mano da parte dei tedeschi (12).
Siamo al 30 agosto, e sulla scorta del documento di Longo le forze della sinistra – PCI, PSI e Giustizia e Libertà – decidono di promuovere e coordinare un movimento partigiano di resistenza armata, rivendicano un nuovo governo diretto dalle forze antifasciste, e costituiscono una giunta militare in cui Longo rappresenta i comunisti, assieme a Pertini per il PSI e Riccardo Bauer per GL. Prima di tornare al nord, Gallo fa in tempo a partecipare ai combattimenti per la difesa di Roma. Sul piano politico, contrapponendosi a Scoccimarro, si schiera per un’unità operativa ampia, fino ai badogliani, ma ribadisce anche la necessità di un governo popolare, emanazione dei CLN, che sostituisca il governo Badoglio. Coadiuvato da Secchia, Longo dirige le Brigate Garibaldi e – attraverso il foglio “La nostra lotta” – porta avanti la riorganizzazione dei quadri comunisti. In particolare, mira a un’azione di massa della classe operaia settentrionale, che dia alla lotta “il colpo decisivo”. Questo verrà innanzitutto coi grandi scioperi del marzo 1944, che Longo legge come la conferma della direzione della lotta antifascista da parte della classe operaia, e quindi della possibilità di realizzare “un taglio netto” col passato e costituire un governo “veramente popolare”, basato sul protagonismo dei CLN. È questa la lettura di Longo della “democrazia progressiva”, che egli vede in primo luogo come strumento per allargare le basi popolari del potere, anche attraverso l’estensione capillare dei CLN (13) .
In quei mesi, sottolinea ancora Natta, Longo “si colloca sempre un po’ più ‘a sinistra’ rispetto a Togliatti, “non solo quando accetta l’ingresso dei comunisti nel governo Badoglio a fatica, come necessità tattica”, ma anche perché – nel quadro della politica di unità antifascista, “resta in Longo più presente l’esigenza dell’unità della sinistra”, di un rapporto privilegiato con socialisti e azionisti (14) .
Allorché il movimento partigiano si dà una direzione unica nel Corpo Volontari della Libertà, è Gallo a dirigerlo, assieme a Parri e Cadorna. Longo, come Secchia, vede la guerra di liberazione – e la necessità di portarla a termine autonomamente dagli Alleati – come l’occasione per assicurare alle classi popolari un ruolo decisivo anche nel dopoguerra. Proprio per questo, allorché il gen. Alexander invita i partigiani a interrompere la lotta in vista dell’inverno, Gallo dà una “interpretazione” del suo messaggio che di fatto ne capovolge il senso. Anche qui c’è la testimonianza di Amendola. È quest’ultimo infatti a dare a Longo la notizia del proclama, suggerendogli di chiedere una presa di posizione del CVL che ribadisca la propria autonomia e rifiuti il messaggio di Alexander. Gallo non è d’accordo:
In quei mesi, sottolinea ancora Natta, Longo “si colloca sempre un po’ più ‘a sinistra’ rispetto a Togliatti, “non solo quando accetta l’ingresso dei comunisti nel governo Badoglio a fatica, come necessità tattica”, ma anche perché – nel quadro della politica di unità antifascista, “resta in Longo più presente l’esigenza dell’unità della sinistra”, di un rapporto privilegiato con socialisti e azionisti (14) .
Allorché il movimento partigiano si dà una direzione unica nel Corpo Volontari della Libertà, è Gallo a dirigerlo, assieme a Parri e Cadorna. Longo, come Secchia, vede la guerra di liberazione – e la necessità di portarla a termine autonomamente dagli Alleati – come l’occasione per assicurare alle classi popolari un ruolo decisivo anche nel dopoguerra. Proprio per questo, allorché il gen. Alexander invita i partigiani a interrompere la lotta in vista dell’inverno, Gallo dà una “interpretazione” del suo messaggio che di fatto ne capovolge il senso. Anche qui c’è la testimonianza di Amendola. È quest’ultimo infatti a dare a Longo la notizia del proclama, suggerendogli di chiedere una presa di posizione del CVL che ribadisca la propria autonomia e rifiuti il messaggio di Alexander. Gallo non è d’accordo:
“No, così non va, si arriverebbe a una rottura. E del resto gli ordini superiori non possono essere respinti. Ma – aggiunge – occorre interpretarli. Gli ordini vanno applicati tenendo conto delle condizioni concrete in cui si trovano ad operare le formazioni. Spetta a noi, dunque interpretare quelle direttive” (15) .
E così Longo scrive la bozza di risoluzione del CVL, la quale afferma che “ogni richiamo alle direttive di Alexander per giustificare proposte di smobilitazione […] è assolutamente ingiustificato”, poiché nel proclama “non si afferma […] che si deve cessare la battaglia” ma solo le ‘operazioni organizzate su vasta scala’, e dunque che si avrà, a causa dell’inverno, “un rallentamento del ritmo della battaglia”. Dunque comincia una ‘campagna invernale’, con le sue caratteristiche particolari, e non una ‘stasi invernale’. Del resto – concluderà la risoluzione –
Nessuno dei patrioti può tornare alla sua casa, né al suo lavoro: lo ghermirebbe la reazione nazifascista. Una smobilitazione, anche solo parziale, dei combattenti della libertà costituirebbe, di fatto un invito a capitolare […] a lavorare per i nazifascisti […]; oppure sarebbe una spinta a darsi all’azione incontrollata e disorganizzata, ciò che è proprio compito del comando di evitare con la sua attività di inquadramento, di direzione e di educazione politica (16).
E infatti la lotta proseguirà fino al 25 aprile 1945, e Longo sarà protagonista anche di quella giornata, nel triumvirato insurrezionale di Milano con Pertini e Valiani.
5. Dopo la Liberazione, Longo è tra i massimi dirigenti del partito nuovo. È tra i pochi – assieme al socialista Rodolfo Morandi – a insistere sul tema della pianificazione democratica di settori strategici dell’economia, esaltando forme di controllo dal basso e chiedendo la nazionalizzazione delle industrie chiave. Al V Congresso tiene una relazione sulla prospettiva del “partito unico della classe operaia”, che non sia la mera sommatoria di PCI e PSI, ma sia la base di una più ampia unificazione di tutte le forze “sinceramente democratiche e progressive”. Subito dopo, è eletto vicesegretario di Togliatti, con Secchia responsabile dell’organizzazione (17) .
Negli anni seguenti, sarà deputato (alla Costituente e poi alla Camera) e rappresentante del PCI nel Cominform, alla cui riunione costitutiva Longo deve tener testa alle critiche di Zdanov, che accusa il PCI di arrendevolezza dopo la cacciata dal governo De Gasperi (18) . Dopo le elezioni del ’48 e l’attentato a Togliatti, Longo rilancia l’idea di un’ampia alleanza delle forze progressiste di fronte a una situazione in cui – dice – “lo Stato italiano torna ad essere in modo pieno e aperto lo strumento dei gruppi industriali e agrari più reazionari”; occorre invece – ribadisce ancora – “un governo veramente democratico, veramente popolare” (19).
Ma ormai siamo agli anni della guerra fredda e del duro confronto coi governi centristi e con la Celere di Scelba. In quegli anni Longo è tra l’altro il principale creatore del giornale “Vie Nuove” che rappresenta un primo, avanzato tentativo di usare i mezzi di comunicazione di massa – in questo caso la stampa – in termini popolari, divulgativi ma al tempo stesso con quell’intento di pedagogia politica e civile che caratterizzava il partito allora (20) . Dopo la strage di Modena, Longo chiede il divieto dell’uso di armi da fuoco da parte della polizia. Al VII Congresso del PCI denuncia la gravità della reazione antipopolare in atto:
Negli anni seguenti, sarà deputato (alla Costituente e poi alla Camera) e rappresentante del PCI nel Cominform, alla cui riunione costitutiva Longo deve tener testa alle critiche di Zdanov, che accusa il PCI di arrendevolezza dopo la cacciata dal governo De Gasperi (18) . Dopo le elezioni del ’48 e l’attentato a Togliatti, Longo rilancia l’idea di un’ampia alleanza delle forze progressiste di fronte a una situazione in cui – dice – “lo Stato italiano torna ad essere in modo pieno e aperto lo strumento dei gruppi industriali e agrari più reazionari”; occorre invece – ribadisce ancora – “un governo veramente democratico, veramente popolare” (19).
Ma ormai siamo agli anni della guerra fredda e del duro confronto coi governi centristi e con la Celere di Scelba. In quegli anni Longo è tra l’altro il principale creatore del giornale “Vie Nuove” che rappresenta un primo, avanzato tentativo di usare i mezzi di comunicazione di massa – in questo caso la stampa – in termini popolari, divulgativi ma al tempo stesso con quell’intento di pedagogia politica e civile che caratterizzava il partito allora (20) . Dopo la strage di Modena, Longo chiede il divieto dell’uso di armi da fuoco da parte della polizia. Al VII Congresso del PCI denuncia la gravità della reazione antipopolare in atto:
Per aver sostenuto i propri diritti, sanciti tra l’altro dalla Costituzione, […] i lavoratori, i loro alleati e le loro organizzazioni sono stati fatti oggetto di ogni sorta di provocazioni, di arbitrii, di violenze. Come ‘sobillatori’, ‘quinta colonna’, ‘agenti del Cominform’ furono tacciati […] gli organizzatori e i dirigenti della resistenza operaia e delle lotte popolari […]. Oltre i quattro quinti di tutti i caduti, i feriti, gli arrestati, i condannati sono comunisti […].
In questo quadro – insiste Longo – va costituito ‘un largo fronte del lavoro’, che alle lotte per la pace e la difesa della Costituzione affianchi la lotta per l’attuazione del Piano del lavoro proposto dalla CGIL. L’attenzione di Longo, dunque, è sempre rivolta alla tenuta democratica del Paese e ai suoi possibili progressi. In questo senso, allorché alla metà degli anni ’50 inizia un dialogo tra DC e PSI, egli lo giudica positivamente, come occasione per ‘spostare un po’ più a sinistra i confini della discriminazione scelbiana’ e aprire la strada ad una “nuova maggioranza”. Nel 1956 Longo si impegna nella polemica contro Antonio Giolitti e il “revisionismo nuovo e antico” (21) . Tuttavia in Longo l’idea dell’unità del movimento operaio rimane una costante, assieme al tema della democrazia e del suo sviluppo. Alla vigilia dell’VIII Congresso, è lui a definire la Costituzione come “il programma stesso del partito”, un asse fondamentale della “via italiana al socialismo” (22) .
6. In tutto questo periodo, Longo è il braccio destro di Togliatti, e al momento della morte del segretario, nel 1964, la successione è naturale e scontata. Ricorderà Amendola:
Egli ci pose immediatamente, e con grande franchezza, il problema di accelerare la formazione di un nuovo gruppo dirigente, capace di assumere, al più presto, la piena direzione di un partito comunista chiamato […] ad avere un peso crescente nella vita nazionale e nel movimento operaio internazionale (23) .
Longo in effetti dà subito un’impronta nuova al ruolo di segretario, avviando una direzione collegiale in cui egli è una sorta di primus inter pares, e sforzandosi di svolgere una funzione di sintesi fra le diverse letture della “via italiana al socialismo” che subito emergono, polarizzandosi attorno alle figure di Amendola e Ingrao. Più che mediare, Longo cerca di valorizzare gli elementi più vitali delle proposte dei due dirigenti (l’unità delle forze socialiste chiesta da Amendola, l’elaborazione ingraiana sulla programmazione e un nuovo “modello di sviluppo”), temperandone eccessi e unilateralità, e “legittimandone” la circolazione – e dunque la discussione, anche aspra – all’interno del Partito.
Al tempo stesso, Longo caratterizza la sua segreteria anche per gesti innovativi dal forte valore politico, tanto che sull’“Unità” Adriano Guerra ha scritto di lui come “l’‘uomo delle svolte’” (24) : si consideri la decisione di pubblicare il Memoriale di Yalta (di fatto un documento interno del movimento comunista internazionale), “non solo – osserverà Berlinguer – perché con esso Togliatti metteva nuovamente in luce […] la peculiarità delle posizioni del nostro partito […], ma soprattutto perché quel documento esprimeva idee, critiche e giudizi chiarificatori che interessavano l’intero movimento operaio mondiale” (25) ; o la sua relazione alla conferenza dei partiti comunisti europei a Karlovy Vary, con la rivendicazione netta del superamento dei blocchi contrapposti e di una politica di sicurezza collettiva europea, che desse un nuovo ruolo al Vecchio Continente; e in questo quadro – e con l’obiettivo di una maggiore unità d’azione fra i vari settori del movimento operaio – le prime aperture alla SPD di Brandt; il dialogo col movimento studentesco, che egli vede come un alleato naturale e rispetto al quale – dice – occorre “superare una certa posizione di diffidenza”; la ripresa del rapporto unitario con l’area che fa capo a Parri e l’“invenzione” degli indipendenti di sinistra; e ancora, il sostegno espresso all’esperimento di Dubcek – in cui vede anche un incoraggiamento per la stessa “via italiana” e per il tentativo di coniugare democrazia e socialismo; e infine la condanna dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia, non perché Longo non veda i pericoli che pure si addensano in quella situazione, ma perché intende differenziarsi nel modo di affrontarli (26) .
In particolare, la sua riflessione sul nuovo internazionalismo si riallaccia a quella dell’ultimo Togliatti, che aveva insistito sulla necessità di un più forte ruolo propulsivo e di una maggiore assunzione di responsabilità e iniziativa da parte delle forze comuniste – e di sinistra in genere – dell’Europa capitalistica, in stretto legame coi paesi socialisti ma anche con i movimenti di liberazione nazionale, al fine di indirizzare il quadro dei rapporti internazionali verso una situazione meno irrigidita dalla contrapposizione fra i blocchi, e di ridare protagonismo alla classe operaia europea in unione con gli altri settori del proletariato internazionale.
Il “nuovo internazionalismo”, infatti, non significò mai volontà di rottura con l’URSS e i paesi socialisti. Nello stesso Comitato Centrale in cui condanna l’intervento sovietico in Cecoslovacchia e ribadisce il “principio irrinunciabile della autonomia, indipendenza e sovranità nazionale di ogni Stato, e dell’autonomia e sovranità di ogni partito comunista”, Longo precisa che va rilanciata la lotta contro “la politica dei blocchi”, poiché “a questa logica devono essere in larga misura ricondotte le difficoltà dello stesso processo di sviluppo e di rinnovamento delle società socialiste, e la stessa crisi cecoslovacca”. In ogni caso – aggiunge – “la discriminante tra socialismo e capitalismo resta per noi ben ferma”:
Al tempo stesso, Longo caratterizza la sua segreteria anche per gesti innovativi dal forte valore politico, tanto che sull’“Unità” Adriano Guerra ha scritto di lui come “l’‘uomo delle svolte’” (24) : si consideri la decisione di pubblicare il Memoriale di Yalta (di fatto un documento interno del movimento comunista internazionale), “non solo – osserverà Berlinguer – perché con esso Togliatti metteva nuovamente in luce […] la peculiarità delle posizioni del nostro partito […], ma soprattutto perché quel documento esprimeva idee, critiche e giudizi chiarificatori che interessavano l’intero movimento operaio mondiale” (25) ; o la sua relazione alla conferenza dei partiti comunisti europei a Karlovy Vary, con la rivendicazione netta del superamento dei blocchi contrapposti e di una politica di sicurezza collettiva europea, che desse un nuovo ruolo al Vecchio Continente; e in questo quadro – e con l’obiettivo di una maggiore unità d’azione fra i vari settori del movimento operaio – le prime aperture alla SPD di Brandt; il dialogo col movimento studentesco, che egli vede come un alleato naturale e rispetto al quale – dice – occorre “superare una certa posizione di diffidenza”; la ripresa del rapporto unitario con l’area che fa capo a Parri e l’“invenzione” degli indipendenti di sinistra; e ancora, il sostegno espresso all’esperimento di Dubcek – in cui vede anche un incoraggiamento per la stessa “via italiana” e per il tentativo di coniugare democrazia e socialismo; e infine la condanna dell’intervento sovietico in Cecoslovacchia, non perché Longo non veda i pericoli che pure si addensano in quella situazione, ma perché intende differenziarsi nel modo di affrontarli (26) .
In particolare, la sua riflessione sul nuovo internazionalismo si riallaccia a quella dell’ultimo Togliatti, che aveva insistito sulla necessità di un più forte ruolo propulsivo e di una maggiore assunzione di responsabilità e iniziativa da parte delle forze comuniste – e di sinistra in genere – dell’Europa capitalistica, in stretto legame coi paesi socialisti ma anche con i movimenti di liberazione nazionale, al fine di indirizzare il quadro dei rapporti internazionali verso una situazione meno irrigidita dalla contrapposizione fra i blocchi, e di ridare protagonismo alla classe operaia europea in unione con gli altri settori del proletariato internazionale.
Il “nuovo internazionalismo”, infatti, non significò mai volontà di rottura con l’URSS e i paesi socialisti. Nello stesso Comitato Centrale in cui condanna l’intervento sovietico in Cecoslovacchia e ribadisce il “principio irrinunciabile della autonomia, indipendenza e sovranità nazionale di ogni Stato, e dell’autonomia e sovranità di ogni partito comunista”, Longo precisa che va rilanciata la lotta contro “la politica dei blocchi”, poiché “a questa logica devono essere in larga misura ricondotte le difficoltà dello stesso processo di sviluppo e di rinnovamento delle società socialiste, e la stessa crisi cecoslovacca”. In ogni caso – aggiunge – “la discriminante tra socialismo e capitalismo resta per noi ben ferma”:
Il problema reale non può essere quello di essere o di non essere parte di un movimento internazionale, come quello operaio e comunista. Il problema vero […] è quello del modo e del senso della nostra presenza e della nostra azione in uno schieramento che non si limita certo nei confini del sistema degli stati socialisti […] ma che abbraccia […] un complesso poderoso di forze antimperialistiche, rivoluzionarie, comuniste e socialiste. Si tratta non di estraniarsi da queste forze, ma di esserne parte attiva.
In questo senso, ribadendo “una concezione nuova dell’internazionalismo”, Longo evita sia il rischio di una chiusura nazionale del PCI, sia quello di un suo essere “schiacciato” sul blocco socialista. “Autonomia e diversità nell’unità” sono i due principi fondamentali affermati, sulla scia dell’elaborazione togliattiana, che viene ripresa anche sul tema della “responsabilità che incombe sul movimento operaio dei paesi capitalisti avanzati”.
Per svolgere un’azione proficua […] – conclude Longo – è indispensabile […] che siano ben precise e ferme la collocazione e le posizioni internazionali del nostro Partito. Qualsiasi forma di chiusura o di isolamento nazionale, qualsiasi gesto di allentamento dei nostri rapporti internazionali […] sarebbero un errore profondo, un colpo per la stessa linea politica che vogliamo difendere (27).
Come scriverà Armando Cossutta, che fu tra i più stretti collaboratori del segretario,
il punto era quello di come riuscire ad avere e perseguire le nostre posizioni, anche quando esse comportavano una polemica molto marcata, senza rompere i rapporti con il Partito comunista sovietico. Dissenso sì, diceva Longo, rottura mai (28).
Infine, l’altro cardine dell’impostazione di Longo – da segretario, ma anche nei decenni precedenti – è il tema della democrazia, sia come lotta contro tutti i tentativi di involuzione autoritaria dello Stato, sia come affermazione del legame inscindibile fra lotta per la democrazia e lotta per il socialismo, fra democrazia rappresentativa e potere popolare. Specie dopo il ’68, rilancia con forza questa tematica, sottolineando ancora una volta la centralità della partecipazione e iniziativa di massa. Dirà infatti al XII Congresso:
[…] nella nostra repubblica le assemblee rappresentative debbono poggiare – se si vuole che siano davvero vive, funzionanti e democratiche – sulla organizzazione e permanente mobilitazione delle masse, sui partiti e sui sindacati, sulle autonomie locali, su organi democratici di base.
[…]
Noi dobbiamo lottare, al tempo stesso, per un rinnovamento profondo degli istituti democratici rappresentativi e per conquistare, con nuove forme di democrazia diretta, nuove posizioni e possibilità di direzione per i lavoratori e per tutti i cittadini. Senza la lotta delle masse organizzate, senza la pressione democratica del paese, la vita delle assemblee elettive inevitabilmente degrada nel parlamentarismo e nel trasformismo.
Ma è del tutto errato non vedere come la lotta delle masse, l’azione democratica del paese possono provocare spostamenti e crisi all’interno dei partiti […] e all’interno delle assemblee elettive (29).
[…]
Noi dobbiamo lottare, al tempo stesso, per un rinnovamento profondo degli istituti democratici rappresentativi e per conquistare, con nuove forme di democrazia diretta, nuove posizioni e possibilità di direzione per i lavoratori e per tutti i cittadini. Senza la lotta delle masse organizzate, senza la pressione democratica del paese, la vita delle assemblee elettive inevitabilmente degrada nel parlamentarismo e nel trasformismo.
Ma è del tutto errato non vedere come la lotta delle masse, l’azione democratica del paese possono provocare spostamenti e crisi all’interno dei partiti […] e all’interno delle assemblee elettive (29).
Mobilitazione “dal basso” e azione politico-istituzionale non sono dunque per Longo momenti contrapposti, ma assolutamente complementari.
7. Colpito da ictus alla fine del 1968, Longo sarà affiancato da Berlinguer come vicesegretario già nel febbraio ’69. Comincia allora una nuova fase della vita del Partito e della sua stessa funzione dirigente. Negli anni successivi, non mancherà di far sentire la sua voce, sia nel dibattito sulla Resistenza, i suoi limiti e il ruolo dei comunisti al suo interno; sia nella fase difficile della solidarietà nazionale, rispetto a cui prenderà una posizione critica, cogliendo il rischio che quella complessa operazione politica finisse per assicurare la continuità degli assetti di potere consolidati anziché utilizzare la grande forza del PCI per superarli e batterli.
Il 16 ottobre 1980, Longo si spegne, dopo una vita che non è retorico definire eroica. Come dirà Berlinguer, la sua è stata la vicenda “di un leggendario combattente e insieme di un politico acuto, di un organizzatore infaticabile ma anche di un creatore pieno di fantasia, di un realizzatore amante della concretezza”. Un dirigente – ha scritto ancora Guerra – dotato “di una intelligenza politica continuamente presente” (30) . Di figure del suo calibro, oggi, non si può non sentire la mancanza.
Intervistato da Salinari, a proposito del costume di partito, Longo diceva:
Il 16 ottobre 1980, Longo si spegne, dopo una vita che non è retorico definire eroica. Come dirà Berlinguer, la sua è stata la vicenda “di un leggendario combattente e insieme di un politico acuto, di un organizzatore infaticabile ma anche di un creatore pieno di fantasia, di un realizzatore amante della concretezza”. Un dirigente – ha scritto ancora Guerra – dotato “di una intelligenza politica continuamente presente” (30) . Di figure del suo calibro, oggi, non si può non sentire la mancanza.
Intervistato da Salinari, a proposito del costume di partito, Longo diceva:
Ogni ascesa a posti di responsabilità, lo stesso riconoscimento di Togliatti come capo indiscusso […] furono sempre la conseguenza della stima e del consenso sincero degli organismi di direzione e dell’insieme del partito. L’esibizionismo, la ricerca di popolarità non ebbero mai tra di noi diritto di cittadinanza.
È a questa scuola di probità e di sincero e onesto spirito di solidarietà collettiva […] che si vennero formando, nella lotta, nei pericoli, nel sacrificio, i quadri dirigenti comunisti e un costume di lavoro che fecero del nostro un partito diverso non solo dagli altri aggruppamenti antifascisti, ma anche da molti altri partiti comunisti […].
È a questa scuola di probità e di sincero e onesto spirito di solidarietà collettiva […] che si vennero formando, nella lotta, nei pericoli, nel sacrificio, i quadri dirigenti comunisti e un costume di lavoro che fecero del nostro un partito diverso non solo dagli altri aggruppamenti antifascisti, ma anche da molti altri partiti comunisti […].
E ancora:
Se nello spirito di disciplina e di sacrificio, se nel centralismo, se nel voler fare politica in qualsiasi situazione per incidere sul suo sviluppo e guidarlo verso le necessarie soluzioni, consiste il segreto della nostra sopravvivenza e del nostro continuo progredire, dobbiamo concludere che questo spirito e questa volontà sono sempre stati […] nel nostro partito, sono stati e sono tuttora causa determinante e necessaria dei progressi che ci hanno sempre accompagnati (31) .
note
- A. Natta, Per un profilo di Luigi Longo, in Luigi Longo. La politica e l’azione, Roma, Editori Riuniti, 1992, p. 23; E. Macaluso, 50 anni nel PCI, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, p. 165; G. Boffa, Memorie dal comunismo. Storia confidenziale di quarant’anni che hanno cambiato volto all’Europa, Firenze, Ponte alle Grazie, 1998, pp. 131-132.
- TAA di Aldo Tortorella.
- Cfr. P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, Torino-Roma, Einaudi-l’Unità, 1990, vol. I, Da Bordiga a Gramsci; vol. III, Gli anni della clandestinità.
- L. Longo, C. Salinari, Dal socialfascismo alla guerra di Spagna. Ricordi e riflessioni di un militante comunista, Milano, Teti, 1976, pp. 150, 155.
- Longo-Salinari, Dal socialfascismo alla guerra di Spagna. Ricordi e riflessioni di un militante comunista, cit., p. 354.
- Cfr. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, cit., vol. IV, Gli anni della clandestinità, p. 239.
- Cit. in Longo-Salinari, op. cit., p. 332. Cfr. P. Secchia, L’azione svolta dal Partito comunista in Italia durante il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1969.
- Cit. in Spriano, op. cit., vol. IV, p. 287.
- Longo-Salinari, op. cit., pp. 264-265.
- Spriano, op. cit., vol. V, I fronti popolari, Stalin, la guerra, pp. 93-94, 130-135; Longo-Salinari, op. cit., pp. 184-222.
- Spriano, op. cit., vol. V, cit., pp. 305-318.
- G. Amendola, Lettere a Milano. Ricordi e documenti 1943-1945, Roma, Editori Riuniti, 1973, p. 155.
- Spriano, op. cit., voll. VII-VIII, La Resistenza. Togliatti e il partito nuovo, pp. 20, 113-119, 188-189, 260-281.
- Natta, Per un profilo di Luigi Longo, cit., p. 31.
- Amendola, Lettere a Milano…, cit., p. 475.
- r. L. Longo, Continuità della Resistenza, Torino, Einaudi, pp. 57-58.
- Martinelli, Storia del Partito comunista italiano. Il “Partito nuovo” dalla Liberazione al 18 aprile, Torino, Einaudi, 1995, pp. 27, 33-4, 47-48, 61-62.
- ivi p. 242-244.
- G. Gozzini, R. Martinelli, Storia del Partito comunista italiano. Dall’attentato a Togliatti all’VIII Congresso, Torino, Einaudi, 1998, p. 67.
- Gundle, I comunisti italiani tra Hollywood e Mosca. La sfida della cultura di massa (1943-1991), Giunti, 1995, p. 149.
- Barbagallo, Socialismo e democrazia: la polemica tra Giolitti e Longo nel 1956, in Luigi Longo. La politica e l’azione, cit., pp. 253-259.
- Gozzini-Martinelli, Storia del Partito comunista italiano. Dall’attentato a Togliatti all’VIII Congresso, cit., pp. 231-232, 377, 575.
- G. Amendola, Il compagno Luigi Longo, in Una vita nella storia, “I Comunisti”, marzo 1970, pp. 6-7.
- A. Guerra, La via di Longo a un comunismo diverso, “l’Unità”, 16 ottobre 2005.
- E. Berlinguer, Nell’ottantesimo compleanno del comandante Longo, “Il Calendario del popolo”, agosto-settembre 1980, p. 7493.
- A. Höbel, Luigi Longo segretario del PCI, “Il Calendario del popolo”, 2004, nn. 685-686; Id., Il PCI di Longo e il ’68 studentesco, “Studi storici”, 2004, n. 2; Id., Il PCI, il ’68 cecoslovacco e il rapporto col PCUS, ivi, 2001, n. 4.
- Cfr. Höbel, Il PCI, il ’68 cecoslovacco e il rapporto col PCUS, cit.
- A. Cossutta, Un pranzo per bavardare, “Il Calendario del popolo”, agosto-settembre 1980, p. 7530.
- L. Longo, Il Partito comunista italiano di fronte ai problemi nuovi della lotta democratica e socialista in Italia e dell’internazionalismo proletario, relazione introduttiva, in XII Congresso del Partito comunista italiano. Atti e risoluzioni, Roma, Editori Riuniti, 1969, pp. 36-39, 45.
- Guerra, La via di Longo a un comunismo diverso, cit.
- Longo-Salinari, op. cit., pp. 324, 328.
http://anpimontignoso.it/index.php/i-partigiani/13-il-%E2%80%9Ccomandante-gallo%E2%80%9D-nella-resistenza-italiana.html
LUIGI LONGO (1900−1980), nasce in provincia d’Alessandria, a Fubine di Monferrato, il 15 marzo 1900, da famiglia di contadini piccoli proprietari. Pochi anni dopo si trasferisce a Torino, dove il padre Giuseppe apre una mescita di vino nei pressi dello stabilimento Grandi Motori Fiat aperto da poco.
Anche la famiglia Longo, come tantissime in quell’epoca, conduce una vita dignitosa ma tra grandi ristrettezze economiche; con sacrifici riesce a fare studiare Luigi, unico figlio maschio mentre le due sorelle avviano piccole attività commerciali nei pressi di piazza del Duomo.
Studente al Politecnico di Torino, Longo frequenta a Parma anche la Scuola Militare per ufficiali dell’esercito. Supera brillantemente il primo anno di esami di ingegneria ma decide di gettarsi nell’impegno politico sacrificandovi i suoi studi ed una possibile carriera nell’amministrazione pubblica.
Nel 1920 s’iscrive al Gruppo studentesco socialista di Torino del quale diventa Segretario; qui, frequenta la redazione della nuova rivista socialista “L’Ordine Nuovo” e incontra Antonio Gramsci e Palmiro Togliatti.
Con la scissione del PSI al Congresso di Livorno (gennaio 1921), aderisce al Partito comunista d’Italia – sezione dell’Internazionale Comunista (IC) e ne diventa ben presto uno dei massimi dirigenti. Quello stesso anno conosce Teresa Noce (1900−1980), giovane operaia tornitrice alla Fiat Brevetti, segretaria del Circolo giovanile comunista del popoloso rione torinese di Porta Palazzo, che sarà poi conosciuta dal 1930 con lo pseudonimo “Estella” e che sposerà nel 1925, appena raggiunta la maggiore età che all’epoca è stabilita a 25 anni. Con Estella avrà tre figli (Luigi Libero, “Gigi”, nel 1923; Pier Giuseppe nel 1925, morto in tenerissima età e Giuseppe-Piero-Luciano, “Putisc”, nel 1929). Nel 1922, a Torino, le squadracce fasciste – che già nel 1918 avevano devastato la Camera del Lavoro – intensificano le intimidazioni, le aggressioni e le violenze contro operai e sindacalisti. I comunisti torinesi tentano di reagire al terrorismo fascista; Longo è molto attivo nell’organizzare piccole squadre di combattimento ed una serie di spettacolari manifestazioni-lampo.
Prima della marcia su Roma del 28 ottobre e del conseguente colpo di Stato avvallato dal re Vittorio Emanuele III, si reca a Mosca con la delegazione della Fgci per partecipare al IV congresso dell’I.C.
LA CLANDESTINITA’ – IL PATTO DI UNITA’ D’AZIONE
Il 18 dicembre e nei giorni successivi si compie, per mano dei fascisti, quella che sarà definita la “strage di Torino”, con la nuova distruzione della Camera del Lavoro di Corso Galileo Ferraris, l’assalto alla redazione de “L’Ordine Nuovo” e l’assassinio organizzato di decine di comunisti, o anche solo presunti tali, complice il silenzio delle autorità del Regno. Rientrato da Mosca riceve il compito di dirigere il periodico della Fgci “Avanguardia”.
Si trasferisce, perciò, a Roma, insieme a Estella ma in seguito all’arresto, nel febbraio 1923, del Segretario del PCd’I, Amadeo Bordiga e di gran parte della Direzione, è costretto a spostarsi a Milano.
Anche Longo viene arrestato nel 1923 insieme a Giuseppe Berti e Antonio Cassitta e resta detenuto per un anno a San Vittore. Uscito dal carcere entra nella vera e propria clandestinità. Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti pronuncia alla Camera dei Deputati un discorso di forte accusa contro il regime fascista e Mussolini.
Qualche giorno dopo l’Unità ne denuncia drammaticamente la scomparsa. Il corpo di Matteotti viene trovato il 14 giugno: nessun dubbio che si tratti di un assassinio politico. Lo sbandamento di Mussolini, messo sotto pressione dallo sdegno generale anche all’estero, fa ipotizzare un intervento del re per sostituire il governo. Il PCd’I non cede alle illusioni e chiede lo sciopero generale. La CGL frena ogni tentativo di protesta mentre le altre opposizioni (PPI e PSI) si limitano a proteste verbali e ad uscire dal Parlamento.
L’occasione di chiamare le masse ad una sollevazione viene perduta; il regime si rafforza. Dopo un nuovo arresto nel 1925, Longo è costretto a lasciare l’Italia.
Nel febbraio 1926, dopo il Congresso di Lione (29 gennaio), si reca a Mosca per la seconda volta, insieme alla moglie Teresa Noce ed al figlio Gigi. E’ il periodo nel quale si svolgono nel partito russo aspri contrasti tra i dirigenti bolscevichi con la riacutizzazione della lotta contro il trotskismo.
Quello stesso anno Josif Vissarionovic (Stalin) diventa Segretario del Pcus e capo dell’Urss. Longo, in rappresentanza del Kim (Internazionale della Gioventù Comunista), partecipa alle riunioni più importanti del Komintern (Internazionale Comunista).
Il 5 novembre 1927 Benito Mussolini prende spunto dall’attentato compiuto contro di lui (attribuito dai fascisti al quindicenne Anteo Zamboni, assassinato sul posto) e introduce le leggi eccezionali che sopprimono i partiti.
L’ondata di feroce repressione che ne segue porta qualche giorno dopo all’arresto di Antonio Gramsci e poi di Mauro Scoccimarro, di Umberto Terracini ed altri dirigenti del PCd’I. Tale situazione rischia la completa disarticolazione del partito; si impone, perciò, il rafforzamento dell’organizzazione del centro estero di direzione, inizialmente a Parigi e poi a Lugano, sotto la guida di Palmiro Togliatti, cui si aggiungeranno Ruggero Grieco, Teresa Noce e lo stesso Longo, che rientrerà spesso in Italia per il lavoro clandestino con lo pseudonimo di “Gallo”, poi di “Lisbona”.
Il PCd’I, a differenza degli altri partiti aventiniani, decide di mantenere in Italia il centro direzionale della lotta antifascista e rafforza le misure cospirative, per sfuggire all’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascista) pericolosa organizzazione segreta istituita da Mussolini a partire dal 1926. E’ una scelta coraggiosa, contrastata da alcuni dirigenti ma fortemente sostenuta da Longo: essa darà frutti positivi qualche anno dopo ma nell’immediato costerà caro in termini di comunisti confinati, arrestati, seviziati e anche uccisi.
La firma (11 febbraio 1929) dei Patti Lateranensi tra l’Italia ed il Vaticano, seguita dal Concordato tra lo Stato e la Chiesa, rafforza notevolmente il regime fascista che ottiene il consenso esplicito delle gerarchie ecclesiastiche e dell’Azione Cattolica.
Tre giorni dopo, il 14 febbraio, Pio XI arriva a definire Mussolini “l’uomo inviato dalla Provvidenza”. Il 24 ottobre, negli Stati Uniti si verifica il crac della borsa di New York: inizia la “grande depressione” che colpirà tutti i paesi capitalistici, in primo luogo e pesantemente la Germania, già in difficoltà per l’enorme debito di guerra.
Nel clima di sofferenza economica e di revanscismo nazionalista, il 30 gennaio 1933 Adolf Hitler sale al potere in Germania, straccia la Costituzione della debole Repubblica di Weimar e instaura la più feroce dittatura che l’Europa abbia conosciuto. In quello stesso anno Longo diventa membro della commissione politica del Komintern e viene inviato a Mosca per seguire il lavoro nell’emigrazione.
Nel dibattito politico, facendo tesoro dell’esperienza maturata nel lavoro clandestino e nell’emigrazione, Longo si mostra tra i più convinti assertori della politica di unità d’azione con i socialisti e si adopera per dare vita ad un fronte popolare anche in Italia.
Alcuni mesi dopo, nell’estate del 1934, sarà proprio Luigi Longo, con Giuseppe Di Vittorio ed Egidio Gennari) a firmare il patto di unità d’azione con il Psi (Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Bruno Buozzi). E’ il primo atto ufficiale di unità dopo anni di divisioni e suscita grande entusiasmo tra i lavoratori influenzando la ripresa del movimento antifascista in Italia. Dirà anni dopo lo stesso Longo: “Fu sulla base di quel patto, più volte rinnovato, e del lavoro unitario nell’emigrazione che si poté, al momento della rivolta del traditore Franco contro la Repubblica spagnola, portare centinaia e migliaia di lavoratori, comunisti e socialisti, emigrati in Francia, a combattere in Spagna, prima nel Battaglione Garibaldi e poi nella XI Brigata Internazionale, in difesa della Repubblica spagnola”.
Il cambiamento di linea dei partiti comunisti e di quelli socialisti in diversi Paesi europei non tarda a dare i suoi frutti: nel febbraio 1936 il Fronte Popolare vince le elezioni in Spagna ed analoga alleanza vince in Francia nel maggio successivo. L’esperienza dei fronti popolari francese e spagnolo hanno un’influenza grandissima su tutto l’antifascismo italiano e particolarmente sul PCd’I.
Nascerà un “nuovo antifascismo” che si svilupperà nelle fabbriche e nelle università creando una nuova generazione di avanguardie operaie ed intellettuali. La scelta unitaria consente al movimento sindacale francese di ottenere, sotto il governo di Léon Blum, importanti risultati come la conquista delle 40 ore (pagate 48), il diritto alle ferie retribuite (15 giorni), i contratti collettivi nazionali, il riconoscimento dei delegati sindacali di fabbrica, un aumento salariale del 12%, il prolungamento dell’età scolastica.
LA GUERRA DI SPAGNA – LE BRIGATE INTERNAZIONALI
In Spagna, invece, passata l’euforia della vittoria si produce (18 luglio 1936) la “rivolta dei quattro generali” (Franco, Mola, Queipo de Llano, Goded) capeggiata dal generale Francisco Franco che comanda le truppe di stanza in Marocco.
Con lui si schierano il 95% degli ufficiali e l’80% dei soldati. Solo la flotta resta fedele alla repubblica. Il putsch, che porterà di lì a poco alla guerra civile, rivela tutta la debolezza del governo in carica; solo la forte reazione delle masse raccolte organizzate dalla sinistra salva la repubblica. Il rapido cambio del governo porta al ruolo di primo ministro José Giral che ordina la distribuzione delle armi al popolo.
Prima di trasformarsi in scontro tra formazioni militari più o meno regolari, la guerra inizia come guerriglia di popolo in tutte le città più importanti. Il 21 luglio Vittorio Vidali, che sarà conosciuto come il leggendario “Comandante Carlos (Contreras)” aiutato da Ettore Quaglierini (Pablo Bono), organizza per il Partito comunista spagnolo il V° Reggimento (il Reggimento d’acciaio), unità di élite dell’esercito spagnolo.
Dopo lo scoppio dell’insurrezione il 13 agosto sorge a Parigi – per iniziativa di gruppi antifascisti – un Comitato Internazionale di Aiuto al Popolo Spagnolo (diretto da Giulio Cerreti) mentre i governi francese, inglese e statunitense, adottano la scelta del “non intervento”, che non tarderà a rivelarsi come un errore di enorme portata: la sottovalutazione del pericolo nazifascista spianerà, infatti, la strada alle mire espansionistiche di Hitler ed alla tragedia immane della seconda guerra mondiale. E’ opinione unanime che se la Francia avesse soccorso la Spagna repubblicana, la ribellione sarebbe stata stroncata nelle prime settimane. Inutilmente l’antifascismo italiano e particolarmente gli esuli comunisti e socialisti che in Francia si raccolgono intorno all’Unione Popolare presieduta da Luigi Longo, denuncia tentennamenti, ambiguità, cedimenti della socialdemocrazia internazionale che sta sacrificando la causa della repubblica spagnola ad altri calcoli. I governi di Germania, Italia e Portogallo, invece, fin dall’inizio sostengono apertamente i franchisti; il Vaticano è il più pronto a schierarsi pubblicamente e ufficialmente con essi anche se dovrà registrare la diffusa disobbedienza del basso clero. La guerra di Spagna si configura subito come un evento destinato a cambiare il corso della storia in senso tragico.
Tale consapevolezza induce migliaia di antifascisti di tutte le nazionalità ad accorrere in difesa della repubblica. Longo è tra i primi a portarsi in Spagna. Il 17 agosto, ad opera di Mario Angeloni, Carlo Rosselli, Umberto Calosso, Camillo Berneri, viene costituita in Catalogna la “Colonna italiana”.
Il 18 agosto a Granada viene assassinato il poeta Federico Garcia Lorca.
Alla fine di settembre Longo, ripreso il nome di battaglia di Gallo, assume il grado di Comandante di Stato Maggiore ed avvia l’organizzazione delle B.I.: nel corso del conflitto, saranno quasi 50 mila i volontari di 53 paesi che si raccoglieranno in 14 brigate. Aiutato da Giuseppe Di Vittorio e da André Marty riesce a far nascere quasi dal nulla una organizzazione militare efficiente. I problemi di ordine militare, organizzativo, logistico, psicologico, politico sono immensi ma Longo si rivela l’uomo adatto per risolvere queste difficoltà, per il suo spirito pratico e per le sue doti umane.
Uno dei principi su cui insiste, superando le non poche resistenze, è quello di inserire un’aliquota di combattenti spagnoli nelle B.I. allo scopo di cementarne l’unione. In pochi giorni vengono costituite due brigate: la XI, comandata dal generale Lazar Stern (Emil Kléber) e costituita dai battaglioni Edgar André (tedesco), La Commune de Paris (franco-belga), Dombrowsky (polacco), il commissario politico è Giuseppe Di Vittorio; la XII, comandata dal generale Mata Zalke (Luckas) e costituita dai battaglioni Thaelmann (tedesco-slavo), Garibaldi (italiano, nel quale combatterà Longo), André Marty ( franco-belga), il commissario politico è lo stesso Luigi Longo.
Nelle settimane successive si formano le altre Brigate tra le quali la “Lincoln” formata da comunisti e antifascisti americani che subirà gravi perdite; molti dei suoi superstiti, nel 1944 – 45, saranno utilizzati in Italia dall’esercito americano per costruire rapporti e collegamenti con la Resistenza Italiana.
Il 28 ottobre la Germania invia la “Legione Condor” (circa 16 mila uomini a rotazione) a sostegno dei franchisti. Il 5 novembre, dopo un sommario addestramento ad Albacete, l’XI e la XII B.I. sono inviate a difesa di Madrid assediata dai nazionalisti che sferrano l’attacco il 7 novembre, ma saranno respinti. Il 23 novembre Franco è costretto a sospendere gli attacchi ed a togliere l’assedio alla capitale. Per la prima volta le truppe venute dal Marocco vengono bloccate.
Alla fine del 1936, Longo resta ferito dall’esplosione di una bomba a Pozuelo d’Alarcón, presso Madrid. Nel dicembre è nominato Commissario di Divisione e Ispettore Generale di tutte le Brigate Internazionali e dei servizi sanitari internazionali, che rappresenta il grado più elevato istituito per le B.I. La sua calma ed il sangue freddo, la capacità di assumersi grandi responsabilità, la grande conoscenza degli uomini, unita alla scrupolosa cura dei dettagli – caratteristica maturata nei lunghi anni della clandestinità – risultano fra i principali elementi della coesione e dei successi delle Brigate Internazionali nonostante l’enorme squilibrio tra le forze in campo.
Il 3 gennaio del 1937 sbarca in Spagna (Cadice e Siviglia) il primo contingente del Corpo Truppe Volontarie (CTV) inviate da Mussolini; gli effettivi saranno complessivamente 78.846 inquadrati in 4 Divisioni: “Dio lo vuole” (gen. Edmondo Rossi), “Fiamme nere” (gen. Amerigo Coppi), “Penne nere” (gen. Nuvolari), “Littorio” (gen. Annibale Bergonzoli).
Nella vittoriosa battaglia di Guadalajara (8−25 marzo 1937) si contrappongono 50 mila fascisti (30 mila italiani del CTV al comando del generale Mario Roatta più 20 mila spagnoli) e 6⁄7 mila miliziani repubblicani (la milicia popular), cui si aggiungono due giorni dopo l’XI e la XII B.I. Il Battaglione Garibaldi (al suo interno opera la batteria di artiglieri “Antonio Gramsci”), agli ordini di Ilio Barontini (Dario), è scelto per l’attacco frontale di sfondamento delle linee nemiche, affiancato dai Battaglioni “André Marty”, “Dombrowsky”. In seguito al successo di tale operazione militare il Garibaldi darà il nome a tutta la XII Brigata Internazionale.
La battaglia di Guadalajara verrà ricordata come la “prima sconfitta del fascismo” ed avrà un’eco enorme soprattutto in Italia. In quegli stessi giorni, il 19 marzo 1937, Pio XI, nella Enciclica “Divini Redemptoris” si scaglierà contro il flagello comunista in Spagna.
Il 26 aprile la città di Guernica, simbolo dell’autonomia basca, è bombardata e rasa al suolo dalla legione tedesca “Condor”. Il bombardamento causa 1.654 morti e 889 feriti. Pablo Picasso lo rappresenterà in un suo famoso dipinto.
In Italia, all’alba del 27 aprile, muore Antonio Gramsci. “Hanno finito di assassinarlo” scriverà dalla Francia Emanuele Modigliani. I giornali italiani danno scarso rilievo alla notizia mentre all’estero l’eco sarà grandissima. Giustizia e Libertà (GL) scriverà: “Il pensiero di Gramsci è fissato non solo sulla carta ma nei cervelli e nelle coscienze dell’élite rivoluzionaria … Un regime che assassina un Gramsci ha la vita segnata”. Il regime fascista teme reazioni e manifesta il proprio terrore negando la sepoltura in un cimitero pubblico di Roma: le ceneri di Gramsci saranno ospitate nel “cimitero a-cattolico” del quartiere Testaccio.
Il 9 giugno a Bagnoles de l’Orne, in Normandia, vengono assassinati dai fascisti i fratelli Carlo e Nello Rosselli. Il 4 luglio, nel corso del 2° Congresso Internazionale per la difesa della Cultura, intellettuali di tutto il mondo dichiarano il loro sostegno alla repubblica spagnola. Tra questi aderiscono al documento: Maritain, Mauriac, André Gide, Curie, Huxley, Bromfield, Auden, Steinbeck, Upton Sinclair, Camus, Albert Einstein, Fallkner, Caldwell, Bertold Brecht, Antonio Machado, Alberti, Bergamin, Ernest Hemingway, Stephen Spender, André Malraux, Pablo Neruda, Tzara, Aragon, Heinrich Mann, Charlie Chaplin.
VERSO IL CONFLITTO MONDIALE – IL CARCERE – IL CONFINO
Il 29 settembre Arthur Neville Chamberlain e Edouard Daladier, con l’accordo di Monaco, sacrificano l’indipendenza del popolo cecoslovacco e con essa quella del popolo spagnolo.
Nell’ottobre del 1938, su pressione delle democrazie occidentali che perseverano nella miopia e nell’errore, il governo spagnolo decide il ritiro dal fronte delle Brigate Internazionali, che sfileranno in parata applaudite nelle strade di Madrid. L’esperienza maturata dai volontari italiani nel quadro delle B.I. ed all’insegna dell’unità antifascista, sarà preziosa per la Resistenza italiana alcuni anni dopo.
Per molti garibaldini il ritorno in Francia, dove si trovavano illegalmente, significa l’arresto. Per evitarlo, Edoardo D’Onofrio d’accordo con il Pcf riesce a provvedere di nuovi documenti i volontari in maggior pericolo, destinandone molti in America, in Africa, in diversi paesi europei.
Il 1° aprile 1939 la guerra di Spagna è terminata: Francia, Inghilterra e Stati Uniti riconoscono il governo franchista. Il giorno precedente le armate di Hitler avevano invaso la Cecoslovacchia. Tornato in Francia, Longo, insieme a Domenico Ciufoli e Stefano Schiapparelli, organizza una “scuola di partito” per molti comunisti garibaldini rientrati dalla Spagna che si trovano in situazione semilegale e che, tuttavia, manifestano la volontà di continuare la lotta a fianco del popolo francese. Molti di essi entreranno a far parte della resistenza francese (maquis).
Il contributo degli italiani nel maquis sarà di 18 mila combattenti, con oltre 2 mila caduti. Nel clima di diffidenza che si crea in seguito alla firma del patto di non aggressione russo-tedesco tra Joachim von Ribbentropp e Vjaceslav Michajlovic Molotov (Mosca, 23 agosto 1939), il governo del radical-socialista Daladier avvia la stagione degli arresti degli stranieri comunisti. Fra le prime vittime Longo e Togliatti ma, mentre quest’ultimo non è riconosciuto e verrà condannato a sei mesi per “uso di falso documento per passare la frontiera”, per Longo la condanna è più dura in quanto è conosciuto come presidente comunista dell’Unione Popolare.
Viene incarcerato, interrogato e percosso nella prigione della Santé dove resta per quasi un mese per essere poi trasferito al campo di concentramento Roland Garros insieme ad altri comunisti italiani tra i quali Giuliano Pajetta, Eugenio Reale, Leo (Weiczen) Valiani, Mario Montagnana, Francesco Leone. Da qui, successivamente, al campo del Vernet-sur-Ariège nei Pirenei, dove vengono concentrati ben 4 mila comunisti stranieri: tra gli italiani vi sono Giuseppe Alberganti, Vittorio Bardini, Dino Saccenti, Carlo Farini, Aladino Bibolotti, Felice Platone, Cesare Colombo, Alessandro Senigaglia, Eugenio Reale, Aristodemo Maniera, Piero Dal Pozzo, Mario Ricci e molti altri. Dal Vernet al campo di Les Milles poi a Marsiglia e di nuovo al Vernet. Qui si costituisce un direttivo del PCd’I (Longo, Mario Montagnana, Giovanni Parodi ed altri). In quei frangenti Leo Valiani esce dal PCd’I ed aderisce a GL.
Il 1° settembre 1939 i tedeschi invadono la Polonia; in risposta il 3 settembre Francia ed Inghilterra dichiarano guerra alla Germania. Il 26 dello stesso mese il Pcf è messo fuori legge. Il 10 maggio 1940 la Francia è invasa dai tedeschi che in pochi giorni arrivano a Parigi (14 giugno) e vi insediano il proprio comando; al sud (con sede a Vichy) viene costituito un governo collaborazionista guidato dal maresciallo Henri Pétain.
Il 10 giugno 1940 Benito Mussolini dichiara guerra alla Francia. Scrive Pietro Nenni: “E’ una guerra senza ragione, senza scusa, senza onore perché Mussolini attacca la Francia già invasa e agonizzante facendo assumere all’Italia la parte dello sciacallo”.
Il 26 giugno 1941 Hitler rompe i patti con l’Urss e dà inizio alla sua invasione che si arresterà a Stalingrado con la resa (2 febbraio 1943) delle truppe germaniche al comando del feldmaresciallo von Paulus. Nell’estate del 1941 Longo è trasferito al carcere di Castres e poi a Nizza.
Nel febbraio 1942 è consegnato alla polizia italiana, incarcerato a Regina Coeli e dopo tre mesi inviato al confino a Ventotene dove sono altri antifascisti e dirigenti comunisti (Umberto Terracini, Camilla Ravera, Mauro Scoccimarro, Pietro Secchia, Altiero Spinelli, ed altri). L’8 dicembre 1942, il giorno dopo Pearl Harbur, gli Stati Uniti entrano in guerra contro l’Asse (Germania, Italia, Giappone).
Nel corso del 1942, in Italia, si costituisce nella clandestinità il Partito Comunista Cristiano (i comunisti cattolici) cui aderiscono, tra gli altri, Franco Rodano, Antonio Tatò, Adriano Ossicini, Luciano Barca, Fedele D’Amico, Giglia Tedesco, Paolo Moruzzi, Vittorio Tranquilli, Corrado Santarelli. Liberato dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943), Longo lascia l’isola il 22 agosto ed entra subito nel vivo dell’azione. Incaricato a riceverlo a Roma è Renato Guttuso che, insieme a Mario Socrate, lo accompagna nella casa di Luchino Visconti che lo ospiterà per qualche tempo.
Alcuni anni dopo (1951) Guttuso, a significare la continuità tra Resistenza e Primo Risorgimento, rappresenterà Luigi Longo (“il Garibaldi del ‘900″) al fianco di Giuseppe Garibaldi nel suo dipinto “La battaglia di Ponte dell’Ammiraglio” nella quale i volontari garibaldini avevano sconfitto l’esercito borbonico aprendosi la strada verso Palermo.
LA RESISTENZA – IL CLN – LE BRIGATE GARIBALDI
Il 29 agosto si ricostituisce la direzione del Partito Comunista Italiano (nome assunto il 15 maggio in sostituzione di Partito Comunista d’Italia): Longo ne entra a far parte. La sera stessa scrive il “Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale”. Si tratta del documento che verrà approvato il giorno dopo anche dal Partito socialista e dal Partito d’Azione (Pd’A) e che segna il passaggio alla fase della lotta armata. I tre partiti della sinistra (PCI, PSI e Pd’A) costituiscono la Giunta Militare tripartita (Luigi Longo, Sandro Pertini, Riccardo Bauer) che si reca immediatamente dal Maresciallo Pietro Badoglio per proporre la necessità di stabilire ovunque contatti e accordi tra esercito e Fronte nazionale. E’ la prima “piattaforma” per la guerra di popolo, ma il governo Badoglio respinge la proposta.
Il 1° settembre il triumvirato (Longo, Pertini, Bauer) incontra il generale Giacomo Carboni, comandante militare della piazza di Roma, per proporgli la formazione di una Guardia Nazionale. Lo stesso tentativo è fatto a Milano da Girolamo Li Causi con il generale Vittorio Ruggero. La risposta è un rifiuto dell’esercito che non vuole le milizie popolari. Tuttavia il generale Carboni consegne molte armi ai comunisti per organizzare le prime squadre armate a difesa di Roma. Il governo Badoglio, però, le fa sequestrare immediatamente dalla polizia.
Il 2 settembre il Pci lancia la parola d’ordine della politica di unità nazionale contro il fascismo e l’occupante straniero. Il giorno dopo, in segretezza, si consuma l’atto di resa dell’Italia con la firma dell’armistizio provvisorio che verrà però resa pubblica solo l’8 settembre su pressione del generale Taylor. Questo ritardo consente alla Germania di predisporre ovunque la quasi totale neutralizzazione dell’esercito italiano e di rafforzare la propria presenza in Italia con l’invio tempestivo di numerose divisioni.
Il 9 settembre a Roma nasce il CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), mentre all’alba, con una tempestività più che sospetta e senza incontrare ostacoli da parte tedesca, il re, la sua corte, il suo governo fuggono precipitosamente a Brindisi lasciando l’esercito senza direttive. Longo è mandato a Milano per organizzare, insieme ad altri dirigenti, l’azione del partito nell’Italia occupata. Non è facile convincere le diverse correnti antifasciste della necessità di organizzare la Resistenza come condizione per il riscatto e la rinascita del Paese, portato dal fascismo alla disfatta ed alla servitù.
Di fronte all’attesismo di quanti propugnano l’ipotesi minimale di una attività di piccoli gruppi di informatori alle dipendenze dei comandi alleati (come gli stessi alleati suggeriscono), il Pci rompe gli indugi e, all’inizio di novembre, costituisce le prime Brigate d’assalto Garibaldi delle quali Longo assume il comando generale. Così lo descriverà in seguito Leo Valiani: “Ritrovo Gallo … che con il nome di Italo è il comandante generale delle Garibaldi e, insieme, il capo politico dei comunisti del Nord. Tutti dicono che Longo ha il volto della sfinge e certamente nessuno è capace di leggergli nei pensieri; non tradisce mai un’emozione e tantomeno un dubbio. Che sia un uomo di raffinata cultura e di profonda umanità, questo lo sanno solo gli intimi. Agli altri appare come scolpito nella pietra; organizzatore eccezionale, però, e freddo ragionatore”. Nelle città sono già in azione i GAP (Gruppi di Azione Patriottica) e le SAP (Squadre di Azione Patriottica) prevalentemente comunisti.
Di fronte alle titubanze di chi lamenta la carenza di armamenti, Longo affronta la questione in modo lapidario: “le armi sono quelle che ha il nemico, a cui bisogna strapparle”. All’inizio dell’Insurrezione Nazionale le formazioni garibaldine saranno 575 su un totale di 1090 brigate partigiane. Le classi che danno il più alto numero di partigiani combattenti sono il ’24 e il ’25 e, addirittura il ’26: cioè ragazzi che hanno frequentato le scuole fasciste, che sono nati dopo la marcia su Roma e molto spesso non hanno sentito nessuno parlare di politica.
Anche in questo sta la straordinaria grandezza di quanti, nella clandestinità e nella lotta al fascismo, hanno mantenuto aperta una prospettiva di speranza e sono stati in grado di dare immediata sponda ed organizzazione alla voglia di riscatto di molti giovani dopo il ventennio buio e lo shock dell’8 settembre. Caratteristica fondamentale della guerra partigiana, annota in quei frangenti Longo, “è il movimento, non il presidio, è l’attacco, non la difesa. La Resistenza non deve essere vista solo come lotta armata di formazioni militari ma anche come lotta, resistenza delle grandi masse lavoratrici sul luogo stesso del lavoro”. E’ l’appello del Pci alla mobilitazione ed agli scioperi.
IL GOVERNO DI UNITA’ NAZIONALE – L’INSURREZIONE NAZIONALE
Il realismo politico di Longo lo porta a comprendere che i rapporti di forza e la situazione non consentono di scartare l’ipotesi di un compromesso politico e militare con le forze badogliane, fermo restando che la direzione resta al CLN. All’interno della Direzione nasceranno profondi contrasti su questa linea che verranno definitivamente superati con il rientro di Togliatti e con la svolta di Salerno (aprile 1944) allorché si stabilisce la costituzione del governo di unione nazionale per dare al Paese una guida non più discussa bensì riconosciuta da tutto il movimento di liberazione nazionale. Il Pci ritiene che in quel momento storico il compito più rivoluzionario sia quello di battere Hitler e Mussolini per ridare la libertà al Paese.
Il 21 aprile il Pci, insieme agli altri partiti dello schieramento antifascista, entra nel governo Badoglio con due ministri (Palmiro Togliatti e Fausto Gullo) e due sottosegretari (Mario Palermo e Antonio Pesenti).
Nel marzo 1944 la Resistenza italiana ha già una consistenza ed una estensione nazionali. Si pone, quindi, il problema di collegare fra di loro le varie formazioni, nate da diverse iniziative di diversi gruppi politici. Il 2 giugno le prime truppe del generale americano Mark Waine Clark entrano in Roma.
Da Milano, sempre nel giugno 1944, Longo contribuisce in modo determinante alla costruzione del CVL (Corpo Volontari della Libertà), che avrà il compito di unificare l’azione militare delle diverse formazioni partigiane e ne assume il comando insieme a Ferruccio Parri. In seguito, per volontà degli alleati, il comando passa nelle mani del generale Raffele Cadorna, paracadutato nell’Italia occupata, che ammetterà con franchezza in un suo diario di “esercitare un potere poco più che formale”, essendo i due vice (Longo e Parri) coloro che reggono con forti e abili mani la ribellione.
Ferruccio Parri, che nell’autunno 1943 era stato designato dal CLN a capo dell’organizzazione della Resistenza armata, confiderà con una attestazione di grande stima: “nel caso in cui morissi designo mio successore Gallo”.
Nell’estate 1944 gli eserciti alleati vengono indeboliti sul fronte italiano e, non avendo più forza sufficiente per ottenere risultati decisivi contro l’enorme potenza della linea difensiva dell’esercito tedesco, si fermano sulla Linea Gotica. Da un rapporto dell’OSS (Office of Stategic Services dell’esercito americano) si apprende che “nel solo mese tra luglio e agosto del 1944 i partigiani intercettano circa la metà dei rifornimenti tedeschi alla Linea Gotica, procurando perdite valutate in 1.700 uomini, distruggono 10 ponti ferroviari, molti vagoni”.
Il 13 novembre il generale inglese Harold Alexander (comandante delle forze alleate in Italia) emana un proclama con il quale invita le formazioni partigiane a smobilitare e a ritornare alle proprie case: “era evidente, e non solo a noi – scriverà lo stesso Longo alcuni anni dopo – l’obbiettivo di eliminare il movimento di liberazione italiano che stava avendo una estensione ed un carattere troppo compromettente per le mire dei gruppi imperialistici anglo-americani”.
Sullo stesso argomento scriverà Ferruccio Parri: “L’unico e veramente costante nemico della liberazione italiana è stato Churchill e in modi e gradi diversi una posizione sempre contraria al movimento insurrezionale l’ha sempre avuta il governo inglese”.
E, ancora, Aldo Aniasi: “era noto ai partigiani che Winston Churchill non nascondeva le sue simpatie per la monarchia e in particolare per i Savoia”.
Sfruttando il proprio ruolo al vertice del CNLAI e del CVL, Longo compie, però, un’abile e spregiudicata operazione di “interpretazione” con la quale formalmente approva il proclama punto per punto ma nella sostanza ne capovolge il senso. La sua audacia ed il tono risoluto porta tutto il gruppo dirigente del CVL ad accettarne l’interpretazione che diventa quindi la posizione ufficiale trasmessa come direttiva (2 dicembre) a tutti i comandi regionali.
Di fatto il Comando del CVL rifiuta di obbedire all’ordine del “tutti a casa”.
Le indicazioni di Longo verranno applicate e questo salva l’insieme dell’esercito partigiano anche nella durezza della repressione nazifascista che si fa più intensa ora che gli alleati hanno fatto sapere che non intendono sferrare l’attacco di sfondamento della Linea Gotica.
Nonostante la contrarietà degli alleati (ordine trasmesso il 31 marzo 1945 dal generale Clark, che aveva sostituito Alexander) l’Insurrezione Nazionale sollecitata e sostenuta dalla Resistenza al nord – che si rivelerà il più forte movimento partigiano dell’Europa occidentale – conduce alla liberazione di tutto il Paese che si conclude il 25 aprile 1945 con l’ingresso delle formazioni partigiane a Milano.
Il Comitato Esecutivo Insurrezionale è composto da Longo, Pertini e Valiani. All’inizio dell’Insurrezione la maggior parte delle formazioni tedesche dislocate nel nord della Toscana, in Liguria ed in Piemonte si arrendono ai vari CLN territoriali. Quelle che ripiegano verso il Brennero si trovano la strada bloccata dalle formazioni partigiane e si arrenderanno nelle due settimane successive. Kesserling è esplicito in un suo dispaccio a Berlino con il quale chiede rinforzi (26 febbraio 1945): “L’attività delle bande di partigiani sugli Appennini Occidentali e lungo la Via Emilia si è diffusa come un lampo negli ultimi dieci giorni. La concentrazione di gruppi partigiani di varie tendenze politiche in un’unica Organizzazione sta iniziando a produrre risultati evidenti”.
Si tratta del più efficace riconoscimento della statura politico-militare di quanti, Longo in testa, avevano voluto l’unificazione delle formazioni partigiane nel CVL.
Qualche giorno dopo la fucilazione di Mussolini (Dongo, 28 aprile) e dei maggiori gerarchi fascisti (eseguita sulla base della sentenza di morte promulgata dal CNL Alta Italia), farà giustizia dei responsabili di tutto il passato fascista. Il 30 aprile Hitler si suicida nel suo bunker di Berlino. La resa incondizionata della Germania avviene l’8 maggio.
Il 5 maggio 1945 a Milano, Longo sfila alla testa delle armate di liberazione insieme a Ferruccio Parri, Raffaele Cadorna, Enrico Mattei e ad altri dirigenti del CNL e del CVL. Al termine del conflitto è decorato dallo stesso generale americano Clark con la “Bronze Star”, una decorazione che resta intangibile testimonianza di quanto grande sia stato il contributo di Luigi Longo e delle Brigate Garibaldi alla causa della libertà dei popoli. Scriverà Max Corvo, capitano dell’esercito Usa in forza al Secret Intelligence militare: “L’Italia, nel teatro delle operazioni belliche, costituì un caso unico in quanto, da paese nemico che aveva sostenuto una dittatura assoluta, in pieno conflitto bellico, sviluppò un movimento di liberazione di così grande portata come quello che il CLNAI si trovò a dirigere, guadagnandosi il rispetto dei capi alleati per la sua integrità morale, la sua capacità di sacrificio e l’autorevolezza dei suoi capi”.
IL DOPOGUERRA – ALLA GUIDA DEL PARTITO
Nel clima di unità nazionale e di ricostruzione politica, economica e morale del Paese, nei giorni 16 e 17 giugno 1945, a Torino, si incontrano sei imprenditori del nord: Pierluigi Roccatagliata, Vittorio Valletta, Piero Pirelli, l’ing. Falk, Rocco Piaggio, Andrea Costa, già collusi con il regime fascista, che indicano all’ambasciatore Usa, Kirk quella che sarà la linea padronale: “Il comunismo sarà combattuto: a) con un’intensa campagna di stampa e di propaganda che includa la corruzione dei leaders comunisti e di scrittori comunisti; b) con le armi”.
Dopo la Liberazione gli elementi liberali, democristiani, autonomi che durante la lotta partigiana furono attivamente al fianco dei comunisti, dei socialisti e degli azionisti saranno messi in ombra, esautorati e praticamente ignorati nei loro stessi partiti.
Nel 1946 Longo entra a far parte della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente. Sarà sempre rieletto alla Camera dei Deputati nelle liste del Partito Comunista Italiano.
Il 2 giugno 1946, con la vittoria nel Referendum Istituzionale, in Italia è proclamata la Repubblica. Quello stesso mese di giugno Togliatti (Guardasigilli), come segnale di pacificazione e di apertura di una fase nuova per il Paese, vara l’amnistia per i reati compiuti dai repubblichini di Salò ad esclusione dei torturatori, degli assassini, dei delatori, dei servi dei tedeschi che avevano mandato nei campi di sterminio nazisti i propri connazionali e s’erano spartiti i poveri beni.
Dopo lo “storico” viaggio di Alcide De Gasperi negli Stati Uniti (gennaio 1947), gli Usa indicano la loro idea di rapporto con l’Italia, che dovrà restare suddito fedele: “una parola gentile e una fetta di pane, un omaggio pubblico alla cultura italiana e un’allusione discreta alle virtù della democrazia stile americano” (21 novembre 1947, Walter Dowling, responsabile per gli affari italiani del Dipartimento di Stato americano). Il clima politico nel Paese va rapidamente cambiando. La politica di unità nazionale si rompe. Pci e Psi vengono esclusi dal governo, la politica governativa si sposta a destra. Il 1°maggio del 1947 si consuma l’eccidio di Portella delle ginestre.
Il 1° gennaio 1948 entra in vigore la Costituzione che reca come prima firma quella del comunista Umberto Terracini. L’11 maggio dello stesso anno Luigi Einaudi è eletto primo Presidente della Repubblica e sostituisce il Presidente provvisorio Enrico De Nicola.
Alla fine del 1953 Longo si separa da Teresa Noce, cui seguirà anni dopo il divorzio in seguito all’approvazione (1970) della legge Baslini-Fortuna, consentendo di regolarizzare il suo rapporto con Bruna Conti, dalla quale ha avuto un figlio (Egidio).
Nel 1954, dopo che la “grande paura” provocata dalle persecuzioni contro i lavoratori comunisti (uccisioni, arresti, condanne, licenziamenti, reparti-confino) porta un crollo nel numero di iscritti alla Cgil, il Pci prende di petto la questione. Longo (vicesegretario), insieme alla denuncia dei governi e del padronato, pone la questione dell’insufficiente presenza del sindacato in fabbrica e nei luoghi di lavoro. “Il sindacato – afferma – invece di organizzare la propria attività anche nella fabbrica supplisce a queste deficienze organizzative annettendosi e snaturando altri organismi di fabbrica come le Commissioni interne”.
La Cgil avvierà, poco tempo dopo, una nuova e più profonda penetrazione nelle fabbriche con la creazione dei Consigli di Fabbrica.
Dopo l’improvvisa morte di Palmiro Togliatti, avvenuta il 14 agosto 1964 a Yalta (Crimea), è eletto Segretario del Pci. Accetta affermando di volere essere “un segretario e non un capo”. In questo ruolo, d’intesa con la Direzione, tra i primi atti assume la decisione di rendere noto (Rinascita del 5 settembre 1964) il “Memoriale di Yalta”, il pro-memoria redatto da Palmiro Togliatti in Crimea con cui viene ribadita la posizione dei comunisti italiani in merito alla situazione del Movimento comunista internazionale compendiata nei termini “unità nella diversità” e che fornisce la prova più evidente della autonomia internazionale del PCI. Il Memoriale evidenzia anche le forti preoccupazioni sulla situazione interna: acuta recessione, risposte repressive alle lotte operaie, atteggiamenti reazionari nel governo, minacce di colpo di stato (caso del generale De Lorenzo).
Longo prosegue senza titubanze la linea della “via italiana al socialismo” che richiama la necessità dell’unità di tutte le forze socialiste in campo internazionale (non esclusa la Cina) in un’azione comune che deve essere ricercata al di sopra delle divergenze ideologiche “poiché l’obiettivo comune è quello di contrastare e battere i gruppi più reazionari dell’imperialismo”. Questa linea pone il problema della ricerca di una via pacifica di accesso al socialismo, della precisazione del concetto di democrazia in uno Stato borghese, delle forme più efficaci di partecipazione delle masse operaie e lavoratrici alla vita economica e politica, della irrinunciabilità alla pace sul piano internazionale. Longo si rende conto che è anche necessario procedere alla preparazione e alla formazione di un nuovo gruppo dirigente.
La linea politica del Pci con Longo pone le basi per il grande balzo degli anni ’75 e ’76 con la segreteria di Enrico Berlinguer. Dalla tribuna dell’ XI Congresso (Roma, gennaio 1966), Longo pone il problema del rapporto tra coscienza religiosa e socialismo fornendo, tra l’altro, un personale contributo allo sviluppo della teoria dello Stato: “Siamo convinti che, in questa fase storica, una profonda coscienza cristiana è portata ad entrare in contraddizione ed in conflitto con le condizioni di sfruttamento e di limitazione della libertà e della dignità della persona, proprie della società capitalistica e ad aprirsi, perciò, alle idee socialiste. Noi riaffermiamo che siamo per l’assoluto rispetto della libertà religiosa, della libertà di coscienza, per credenti e non credenti, per cristiani e non cristiani……siamo per uno Stato effettivamente e assolutamente laico. Come siamo contro lo stato confessionale, così siamo contro l’ateismo di stato”.
Dalla stessa tribuna lancia la proposta di costruire assieme alle forze democratiche, senza prevenzioni né dogmatismi, “una nuova società, liberata dalla guerra, dallo sfruttamento e dall’indigenza” poiché “la nuova società socialista sarà non solo quale la vogliamo noi comunisti, ma anche quale la vorranno quanti contribuiranno alla sua edificazione … La più salda unità delle forze operaie socialiste, antifasciste, non è in alternativa con l’unità delle forze democratiche cattoliche, né in alcun modo la contraddice o l’esclude. Anzi, la sollecita, la favorisce, e la comprende”.
IL SESSANTOTTO – L’AUTUNNO CALDO – LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
Longo, più tardi, esprimerà riserve e dubbi sulla opportunità e validità della formulazione “compromesso storico” data in un saggio su Rinascita da Enrico Berlinguer (dopo il sanguinoso colpo di stato cileno del 1973) per esprimere la tradizionale politica di intese e di collaborazione con tutte le forze democratiche per la direzione politica e sociale del Paese. Berlinguer, prima del colpo di stato, aveva già affermato (XII Congresso, 1972) che “in un paese come l’Italia, una prospettiva nuova può essere realizzata solo con la collaborazione tra le grandi correnti popolari: comunista, socialista, cattolica. Di questa collaborazione l’unità della sinistra è condizione necessaria, ma non sufficiente”.
Dopo il soffocamento della democrazia cilena ad opera di Augusto Pinochet amplia la riflessione: “in un paese capitalista d’Occidente non è per nulla sufficiente aver ottenuto una risicata maggioranza parlamentare … per aprire una facile strada all’instaurazione di una via nazionale al socialismo”.
Per Berlinguer ci vuole altro, “alleanze più larghe con tutti gli strati e con tutti i ceti che contano in un paese”.
L’errore di Salvador Allende era stato quello di “non aver creato, o di non essere riuscito ad ottenere, l’adesione della democrazia cristiana locale”.
Agli inizi del 1965 la situazione internazionale si aggrava dopo che nel Vietnam del Nord sono iniziati i bombardamenti indiscriminati senza neppure l’atto formale della dichiarazione di guerra da parte degli Stati Uniti.
Tra il 1967 e 1968 esplode in Italia il Movimento Studentesco che immette sulla scena politica nuovi soggetti e che si afferma a livelli di massa riuscendo a collegarsi con la spinta pacifista dei campus universitari americani contro la barbarie della guerra nel Vietnam, con i sussulti del mondo sudamericano per sottrarsi al dominio di oligarchie capitalistiche sostenute dagli USA che avranno nella morte di Ernesto Ché Guevara il loro punto di maggiore partecipazione emotiva, con la cosiddetta rivoluzione culturale cinese (“sparare sul quartier generale”), con la grande esperienza del “maggio francese”, cui la borghesia francese farà muro attorno al generale Charles De Gaulle.
Il sommovimento del ’68 segna un’era che porta con sé il capovolgimento di tutta la concezione della vita, modifica punti di vista e consuetudini consolidate e si pone come grande moto di liberazione che porta alla ribalta l’esigenza di milioni di giovani di fare politica e di parlare di politica. Un crogiolo di emozioni, di speranze, di utopie, di aspettative, di voglia di cambiare che non è immediatamente compreso dalle forze politiche italiane e neppure dal Pci che inizialmente ne resta disorientato e sostanzialmente ostile. Longo si rivela invece attento, disponibile e aperto al confronto paritario con gli studenti ed i contestatori. Spinge perciò il Partito a comprendere origini, significato e portata di quanto sta accadendo utilizzando con rigore il metodo marxista dell’analisi differenziata (comprendere prima di agire, attraverso l’analisi concreta delle situazioni concrete) ed una concezione volterriana nei rapporti sociali e politici (tolleranza e rispetto delle idee altrui). E’ attento e pronto ricettore delle istanze di novità presenti nel tessuto della società italiana e chiama il Pci a sostenere e favorire il processo di ricomposizione tra le istanze della rivolta studentesca e le lotte operaie. Questa azione, che porterà Enrico Berlinguer a definirlo “Uomo dell’unità”, avrà successo già nelle elezioni del maggio 1968 (aumento di 1 milione di voti) e produrrà, dopo l’autunno caldo del 1969, una serie progressiva di conquiste sindacali e sociali ed un avanzamento della democrazia nel Paese.
Le lotte operaie del 1969 rimettono in gioco la natura stessa dello sviluppo economico nel Paese. La risposta alle lotte dei lavoratori ed all’estensione della democrazia sarà la “strategia della tensione” con il suo tragico avvio il 12 dicembre 1969, a Milano, nella Banca Nazionale dell’Agricoltura (strage di Piazza Fontana).
In questa strategia convergono provocazioni fasciste, intervento autoritario di settori dello stato, manovre eversive, involuzione reazionaria dei socialdemocratici, inettitudine dei governi, ambiguità di importanti settori della democrazia cristiana. Si sviluppano così due tensioni di segno diverso, il “nero” che tende a soluzioni golpiste, il “rosso” che vagheggia soluzioni rivoluzionarie; entrambi puntano “a liquidare le forme della democrazia politica e a provocare una guerra civile” (Adalberto Minucci).
In seguito all’intervento delle truppe del Patto di Varsavia in Cecoslovacchia (21 agosto 1968), Longo esprime con durezza il dissenso e la riprovazione dei comunisti italiani per un intervento che “calpesta i principi leninisti di uguaglianza fra i popoli e i partiti, di rispetto della integrità territoriale, della indipendenza, sovranità e non ingerenza”. Il “nuovo corso” di Dubcek è, infatti, pienamente condiviso e sostenuto da Longo e dal suo partito. In quel periodo denuncia le distorsioni nello sviluppo economico e industriale del Paese con un ruolo non coerente delle Partecipazioni Statali che sacrificano le direttive socializzatrici dell’economia per trasformarsi in gestori d’imprese e di capitali acquisendone la logica di campo. E’ una severa critica ai governi ma anche al Psi che dal 1962 è entrato nel governo di centrosinistra in posizioni sostanzialmente subalterne. I temi del rapporto con i cattolici e con i movimenti, il ruolo dei partiti politici in generale e del Pci in particolare, sono ripresi e sviluppati con forza nel Congresso di Bologna (febbraio 1969) nel quale continua (come già avvenuto nel precedente Congresso) una riflessione sugli effetti positivamente prodotti nel campo cattolico dall’eredità lasciata da Giovanni XXIII (1958−1963) con l’enciclica “Pacem in terris” e con l’avvio del Concilio Ecumenico Vaticano II. Papa Roncalli (che aveva tolto la scomunica sui comunisti emessa da Pio XII) aveva rivoluzionato il giudizio e l’atteggiamento dei suoi predecessori nei confronti dei partiti di ispirazione marxista, con affermazioni che erano al tempo stesso una chiara indicazione per i cattolici: “…incontri e collaborazioni un tempo vietati sono e possono diventare utili o addirittura doverosi per il bene della comunità nazionale”. Ed ancora: “La Chiesa, pur respingendo in maniera assoluta l’ateismo, tuttavia riconosce sinceramente che tutti gli uomini, credenti e non credenti, debbano contribuire alla retta edificazione di questo mondo, entro il quale si trovano a vivere insieme: il che non può avvenire certamente senza un sincero e prudente dialogo”.
Da parte sua Longo entra su questi argomenti “Comunisti e cattolici mancherebbero alle proprie responsabilità se non sapessero bruciare diffidenze e prevenzioni non solo del passato ma anche del presente, per contribuire a costruire una società nuova”.
A proposito del ’68: “Oggi l’Italia è un paese vivo, con una grande tensione politica, ideale e morale. Comprendiamo, facciamo nostre le insofferenze e le impazienze delle giovani generazioni … non pensiamo affatto che tutto possa o debba ricondursi al movimento ed alla spinta dal basso… Né siamo per qualsiasi movimento pur che sia e comunque si manifesti, in una concezione spontaneistica della lotta delle classi”.
Sul ruolo, funzione e caratteristica del partito comunista Longo precisa: “Né erigiamo il nostro partito ad esclusivo rappresentante, ad unico garante, delle masse in movimento … il partito è parte, forza di combattimento: non può prefigurare l’intera società, non può porsi –neppure potenzialmente– come stato socialista”. Longo invita a non cadere in una visione integralistica e a rivendicare, invece, una laicità dello stato, una laicità del partito, una società socialista su basi democratiche: ” … non c’è socialismo se non c’è democrazia ma non c’è compiuta democrazia se non c’è socialismo”.
Nel 1972, a seguito di ripetuti problemi fisici, lascia la segreteria, indica in Enrico Berlinguer il proprio successore ed assume la presidenza del Pci. Fondatore e Direttore del settimanale “Vie Nuove”, autore di numerosi saggi e studi fondamentali sul movimento di liberazione italiano, muore a Roma il 16 ottobre 1980.
Ricerca curata da Piercarlo Albertosi – 2004
Fonti: sito internet dell’Anpi; “Rivoluzionaria professionale”, di Teresa Noce, editrice Aurora; “Da Gramsci a Berlinguer: la via italiana al socialismo attraverso i congressi del PCI”, Edizioni del Calendario; “Sulla via dell’Insurrezione Nazionale” di Luigi Longo, Editori Riuniti; “Luigi Longo:dal socialfascismo alla guerra di Spagna”, di Carlo Salinari, Teti editore; “Storia dell’Italia partigiana” di Giorgio Bocca, A.Mondadori; “Storia dei sindacati in Italia”, di Gianfranco A.Bianchi, Editori Riuniti; “Storia del Partito Comunista Italiano”, di Paolo Spriano, Editori Riuniti; “La resistenza italiana”, di Leo Valiani; “I centri dirigenti del Pci”, di Luigi Longo, Editori Riuniti; “Il Pci e la guerra di liberazione”, di Pietro Secchia; “Socialismo e movimenti popolari in Europa”, di Alfredo Luciani, Marsilio Editori.
https://www.raicultura.it/storia/articoli/2019/01/-Luigi-Longo-b5a4d243-75d6-4f0b-8a44-fc800e7141d0.html
https://www.raiplayradio.it/audio/2015/03/La-direttiva-N16-di-Luigi-Longo---Wikiradio-del-10042015-51ad3229-9c66-4388-8f21-4d5263fb6295.html
http://www.marx21.it/documenti/hobel_longoelaresistenza.pdf
https://luigilongoestoriapci.files.wordpress.com/2020/03/longo-calendario.pdf
https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2017/03/14/luigi-longochi-ha-tradito-la-resistenza/
https://enricoberlinguer.org/home/saggi-e-studi/luigi-longo
http://www.1944-repubblichepartigiane.info/luigi-longo
https://www.sitocomunista.it/pci/documenti/longo.html
http://journals.openedition.org/diacronie/4026