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27 gennaio 1945: l'Armata Rossa libera Auschwitz

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A seguito della loro rapida avanzata dalla Vistola all'Oder, reparti sovietici appartenenti alla 60ª Armata del I Fronte Ucraino al comando del maresciallo Konev giungono ai cancelli di Auschwitz, ove i tedeschi avevano lasciato circa 7000 prigionieri, condannando il resto dei detenuti a terribili marce della morte verso ovest nel freddo dell'inverno.

«La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles e io i primi a scorgerla: stavamo trasportando alla fossa comune il corpo di Sómogyi, il primo dei morti fra i nostri compagni di camera. Rovesciammo la barella sulla neve corrotta, ché la fossa era ormai piena, ed altra sepoltura non si dava: Charles si tolse il berretto, a salutare i vivi e i morti.

Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi.

A noi parevano mirabilmente corporei e reali, sospesi (la strada era più alta del campo) sui loro enormi cavalli, fra il grigio della neve e il grigio del cielo, immobili sotto le folate di vento umido minaccioso di disgelo.

Ci pareva, e così era, che il nulla pieno di morte in cui da giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo.» 

(Primo Levi, 𝐿𝑎𝑡𝑟𝑒𝑔𝑢𝑎, Einaudi 2012, p. 10


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