Alle prime ore dell'alba del 7 marzo 1944 un plotone di militi della PAI (Polizia dell'Africa Italiana) fucila 10 partigiani, prelevati dalle carceri di Via Tasso, a seguito della morte di un tedesco avvenuta durante un attacco partigiano in Piazza dei Mirti, nel popolare quartiere di Centocelle. Caddero sotto il piombo fascista:
Antonio Bussi, gappista e militante del PCI clandestino;
Concetto Fioravanti, militante del Movimento Comunista d'Italia (Bandiera Rossa);
Vincenzo Gentile, gappista del GAP Centrale "Pisacane";
Giorgio Labò, artificiere dei GAP centrali;
Paul Leo Lauffer, ebreo, militante del Partito d'Azione a Montesacro;
Francesco Lipartiti, carabiniere appartenente al Fronte Militare Clandestino di Resistenza;
Mario Mechelli, militante del Movimento Comunista d'Italia;
Antonio Nardi, militante del Movimento Comunista d'Italia;
Augusto Pasini, militante del Partito d'Azione;
Guido Rattoppatore, appartenente al GAP comunista della IV zona.
Antonio Nardi, cui è oggi intitolata la sezione ANPI dei Vigili del Fuoco, svolgeva attività di propaganda antifascista in seno al Movimento Comunista d'Italia, ben radicato tra i Vigili del Fuoco di Roma al punto da disporre di una propria squadra presso la sede di Ostiense in Via Marmorata. Nel dicembre 1943, mentre si trovava in servizio presso la sede centrale di Via Genova, ove era molto noto e apprezzato per le sue doti di autista e meccanico, venne tratto in arresto e imprigionato; dopo un processo farsa, terminò la propria esistenza a Forte Bravetta.
Quando i militi della PAI aprirono la sponda del camion che trasportava a Forte Bravetta i dieci antifascisti destinati alla fucilazione, il penultimo condannato dovette essere scortato a braccia sino al luogo dell'esecuzione: era il venticinquenne Giorgio Labò, che nel carcere di Via Tasso era stato tenuto legato mani e piedi per diciotto giorni e sottoposto a inenarrabili torture affinché rivelasse nomi e indirizzi dei compagni di lotta. Nato a Modena il 29 maggio 1919, figlio di Mario, architetto originario di Genova, e di Enrica Elisa Morpurgo, ebrea triestina, ad appena un anno di età si trasferisce con la famiglia a Genova, dove compie gli studi frequentando l'Istituto Colombo per poi iscriversi alla Facoltà di Ingegneria dell'Università di Genova: dopo appena un anno passerà alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Negli anni dell'adolescenza e della giovinezza, prima nel salotto di casa Labò a Genova e poi negli ambienti dell'avanguardia milanese, ha l'occasione di conoscere e frequentare personalità di primo piano della scena culturale e artistica italiana del periodo come l'architetto Gio Ponti, lo scultore Francesco Messina, i poeti Camillo Sbarbaro e Alfonso Gatto, lo scrittore Vasco Pratolini, il pittore Renato Guttuso.
Alla notizia dell' armistizio, Labò abbandonò la compagnia del genio minatori in cui era stato inquadrato a seguito della chiamata di leva e si unì alle prime bande che si andavano formando nell'alto Lazio, venendo infine reclutato dai GAP centrali del Partito Comunista di Roma che ne apprezzarono la dimestichezza con gli esplosivi acquisita durante i mesi del servizio militare: assieme al chimico Gianfranco Mattei, mise a punto con precisione sempre maggiore gli ordigni utilizzati dai gappisti nel corso delle azioni di guerriglia contro i nazifascisti. Arrestati entrambi a seguito dell'irruzione della Gestapo nei locali adibiti a santabarbara dei GAP centrali, in Via Giulia 23/A, il 7 febbraio 1944 Mattei si impiccò con la cintura dei pantaloni nella cella di Via Tasso ove era detenuto, per evitare di rivelare dettagli vitali sull'organizzazione resistenziale sotto tortura, mentre Labò fu fucilato a Forte Bravetta il 7 marzo successivo assieme ad altri nove appartenenti alla Resistenza romana.