ANPInews, newsletter dell'ANPI nazionale n. 140 – 11/18 novembre 2014
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APUNTAMENTTI
►”Gli avvocati nella Resistenza, figure, esperienze, testimonianze”: mercoledì 19 novembre a Roma seminario promosso dal Consiglio Nazionale Forense (CNF)
Il CNF, per il tramite della commissione Storia dell'Avvocatura, avvia un progetto di ricerca
storiografica sul rapporto tra Avvocatura e Resistenza, per indagare quale ruolo e quale
apporto gli Avvocati hanno assicurato nella lotta per la liberazione dal nazifascismo, per
l'affermazione dei diritti di libertà e di democrazia nel Paese. Questo progetto prende le
mosse con un seminario al quale parteciperanno i massimi rappresentanti dell'ANPI e storici
del diritto. Info su www.consiglionazionaleforense.it
ARGOMENTI - NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA:
► Da qualche giorno si fa un gran parlare, sulla stampa, delle dimissioni future,
ma forse prossime, del Presidente della Repubblica e delle tematiche inerenti alla
elezione di un nuovo Presidente.
Un dibattito forse addirittura prematuro perché – giustamente - il Quirinale ha
fatto sapere che la data dell’eventuale cessazione del mandato del Presidente
sarà stabilita dal Presidente stesso e non da altre fonti, spesso immaginarie.
Non intendo entrare nel merito, perché si tratta di una decisione che, appunto,
spetta solo al Presidente e che non ha bisogno di spiegazioni e giustificazioni,
perché otto anni di mandato presidenziale, in una fase delicata e complessa come
quella che l’Italia sta vivendo da anni, sarebbero troppi per chiunque (ed, a
maggior ragione, per chi non è più così giovane, lasciatelo dire ad un quasi
coetaneo, che di fatiche – sia pure a livello ben diverso - se ne intende).
Ascolteremo e rispetteremo, come sempre, le decisioni e le parole del Presidente
e faremo i nostri commenti a tempo debito, lasciando poi ogni ulteriore giudizio
alla storia.
Per ora, visto che è già cominciato perfino il toto-nomine, mi limiterò a fare
qualche considerazione sulle prospettive e sulle regole che bisognerà rispettare,
visto che si parla e sparla un po’ troppo, facendo nomi anche un po’ a casaccio e
non tenendo conto della reale posta in gioco.
La prima regola sta nel rammentare, tutti, l’importanza del ruolo del Presidente della
Repubblica, nel nostro sistema costituzionale. Un garante, che deve rispettare e far rispettare
la Costituzione e le regole fondamentali della democrazia. Non ha i poteri che spettano ad un
Presidente in regime presidenziale o semipresidenziale, ma ha, e deve avere, il potere di
moral suasion, basato sull’autorevolezza e sulla capacità di collocarsi al di sopra delle parti. E
non è poco. Basta già questo per dire che non si può pensare a soluzioni di comodo o
fondate semplicemente su accordi di vertice. Sappiamo, infatti, cosa può accadere quando
non si mette al centro il ruolo che dovrà svolgere il soggetto (o i soggetti, perché – in un
certo modo – regole analoghe valgono anche per la Corte Costituzionale ed altri organi di
garanzia) e si cerca di far prevalere altre, e diverse, motivazioni.
Ho parlato di “autorevolezza”: ma questa è una parola forte ed è il frutto, il risultato, spesso,
di una vita, di una coerenza, di una superiorità culturale e politica. Ho detto non a caso
anche “culturale”, perché penso che il Presidente non possa che essere un uomo di cultura,
nel senso più elevato del termine; quella cultura che non si basa tanto sui titoli, quanto su un
modo di essere, di ragionare, di comportarsi, a lungo sperimentato, che affondi le sue radici,
appunto, in un mondo anche interiore, ma esteriorizzato quanto basta perché ognuno posa
trovarvi le ragioni di un’autorevolezza che, da sola, merita e implica rispetto.
Ma la “cultura” deve essere anche “politica”, nel senso aristotelico del termine; quindi
esperienza e saggezza che derivano dall’aver sperimentato la “buona” politica, ed aver
ispirato ad essa la propria condotta di vita (o almeno di un percorso di vita).
Dunque, Presidente non può diventare chiunque; ed i nomi che non si basino su questo
presupposto di autorevolezza, cultura , esperienza e cultura “politica”, dovrebbero già essere
espunti dalle liste che si vanno pubblicando, altrimenti ci collocheremmo già così lontano
dall’obbiettivo ideale da perderci nei meandri dell’incertezza e delle mere ragioni di
opportunità.
Ma c’è di più; se è vero che la nostra Costituzione è nata dalla Resistenza e ne riassume i
valori principali, compreso quello dell’antifascismo, non si può pensare ad un Presidente che
non sia profondamente legato a quei valori; che riconosca nella Costituzione il faro che guida
la convivenza civile, la vita politica e le strutture istituzionali. E non si può ipotizzare un
Presidente ideale che non parta dall’idea che la nostra Costituzione è profondamente e
intrinsecamente antifascista, non tanto in questa o quella disposizione specifica, quanto nel
complesso dei princìpi e dei valori che in essa si esprimono e che sono nettamente contrari
ad ogni forma di autoritarismo e di populismo, quale che sia il “colore” che essi rivestano. Un
Presidente, dunque, pienamente riconoscibile nel valore che si deve attribuire a
quell’aggettivo che sta al centro dell’Art. 1 della Costituzione, qualificando la Repubblica come
“democratica” ( oltre che fondata sul lavoro).
Ma ancora: si parla molto, in questi giorni, anche di questioni di genere; e si afferma, da
varie parti, che ben potrebbe essere una donna il nuovo Presidente. E ci mancherebbe altro
che fossimo ancora fermi alle questioni pregiudiziali sul genere, perché una carica così alta
non potrebbe che essere ricoperta da un uomo. Ormai, le donne accedono a cariche
importanti in tutto il mondo, senza che nessuno riesca ad immaginare che questa non sia la
cosa più normale, anche se non lo è stata per troppo tempo.
Ma bisogna intendersi: la scelta di una donna non potrebbe mai costituire un ripiego perché
non si riesce a trovare un accordo su un nome maschile; e non sarebbe concepibile, neppure
lontanamente, che si debba eleggere una donna perché è ora che questo accada, e dunque,
qualunque donna va bene. Se ci fossero, queste sarebbero posizioni retrograde ed offensive
per il genere femminile. Noi dobbiamo cercare di eleggere un Presidente indipendentemente
dal genere, sulla base soltanto della rispondenza del soggetto da prendere in considerazione
al modello ideale che ho cercato di delineare. E questa valutazione va fatta in partenza, non
dopo che si è fatto fatica a trovare un potenziale Presidente su cui convergere con la
maggioranza necessaria.
Ci sono uomini idonei ad essere quel tipo di Presidente che ho cercato di descrivere? Penso
proprio di si. Ma al tempo stesso penso che ci siano donne altrettanto idonee. Dunque, che
vinca il migliore o la migliore, è lo stesso (a prescindere, per un momento, dal valore
simbolico), purché si realizzino davvero quelle condizioni personali, che ho indicato come
indispensabili per poter essere un buon Presidente della Repubblica (o una buona Presidente,
sto usando una terminologia astratta, ovviamente, valida per ogni genere).
Voglio concludere con qualcosa che assomiglia ad una battuta, ma forse non lo è.
Ho letto su alcuni giornali, giorni addietro, che ci saranno accordi e intese di vertice per
giungere alla scelta della persona da sottoporre poi al voto del Parlamento. Questi giornali
ipotizzavano che nella trattativa potesse entrare, come materia di scambio o di intesa,
l’impegno dell’eligendo a concedere la grazia a Berlusconi.
Penso che si tratti di fantasie, ma le ho lette e dunque, qualcuno ci pensa davvero.
Se così fosse, bisognerebbe aggiungere un altro requisito a quelli già indicati: quello di non
essere - l’ideale Presidente - disponibile a tentativi di ricatto, sulla base di accordi “indecenti”.
Non aggiungerò altro, anche perché non vorrei anticipare ciò che potrà e dovrà fare il futuro
Presidente: dirò solo, perché lo sappia chi ci pensa davvero, che una cosa del genere
rappresenterebbe l’ultimo anello dalla catena, già fragilissima, che unisce i cittadini alle
istituzioni e alla politica. I cittadini possono anche essere “rassegnati” e silenti, ma non è
detto che siano indifferenti: e l’idea che si possa trattare una grazia in cambio di un voto,
sarebbe forse una di quelle che riescono ancora a scuotere certe forme di apatia ed a
provocare una violenta indignazione. In altre parole, sarebbe davvero troppo. Meglio,
dunque, che chi nutre certi pensieri non ci costringa ad aggiungere un altro requisito e un
altro impegno per chi dovrebbe essere eletto: non prestarsi ad inaudite e inconcepibili
sconcezze.