ANPInews n. 141 – 18/25 novembre 2014
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APPUNTAMENTI
Il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato: braccio giudiziario del fascismo
di ANPPIA Nazionale
Convegno di studi e di memoria, con l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, promosso da ANPPIA, Corte Suprema Cassazione, e Ordine Avvocati di Roma. 25 Novembre ore 15 presso il Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, Roma - Aula del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati
Info e programma nel sito ANPPIA
ARGOMENTI NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA:
► I problemi incombono, ma si parla d’altro
Ogni tanto, perfino i più resistenti e coriacei, provano una certa stanchezza a sentir parlare
d’altro. E‘ in corso la discussione sulla legge di stabilità, ma si parla di Europa, di debito
pubblico ed altro, ma di crescita no. E non ho visto risposte precise a due economisti come
Giavazzi e Alesina che scrivono sul Corriere della Sera, senza mezzi termini, che questa legge
di stabilità è inidonea ad assicurare la crescita e lo sviluppo. E allora, a che cosa è idonea, se
questo – a giudizio pressoché universale - è il vero problema del nostro Paese?
Ci sono proteste, scioperi della FIOM e della CGIL, sui temi dell’occupazione, della dignità del
lavoro, dello sviluppo, del precariato. E che cosa dice il Presidente del consiglio? Che sono
passati i tempi in cui bastava uno sciopero per mettere in crisi un Governo. Ammettiamo, per
amore di discussione, che sia così; ma il problema vero non mi pare sia quello della
eventuale crisi di Governo. C’è una ragione vera, magari discutibile, nelle proposte, in questi
scioperi, oppure no? Esiste, o no, un’emergenza sociale di fronte alla quale nessuno ha il
diritto di dichiararsi indifferente? E allora parliamo della sostanza, ascoltiamo che cosa hanno
da dire i sindacati e i lavoratori ( sembrano parecchi, a giudicare dalle piazze che abbiamo
visto a Roma ed a Milano), discutiamo sul serio, senza annunci e senza invenzioni, ma nel
merito. Ci si dica quale è il progetto, il piano che crea nuovi posti di lavoro, ma presto, non
nel 2018. Ci si dica che cosa si oppone all’idea che il tantissimo denaro che si è costretti a
spendere per riparare (alla meglio) i danni delle alluvioni, potrebbe essere meglio impegnato
nella prevenzione che, oltretutto, creerebbe necessariamente occupazione.
Questi sono i temi che preoccupano chi ha un po’ di buon senso e di coscienza civile. E di
questo dovremmo trovare piene le pagine dei giornali, i programmi televisivi, le riunioni del
Governo, di tutto il Governo, per programmare e pianificare ciò che serve al Paese.
Invece, ci annunciano con gioia che c’è stato un altro incontro tra Renzi e Berlusconi, in cui si
è trovato l’accordo su quasi tutte le modifiche da apportare alla legge elettorale e si è
concordato un programma di lavoro, di qui a gennaio, per concludere l’iter delle riforme
costituzionali (sa Iddio come faranno, visto che esistono ancora delle norme che regolano
l’iter delle riforme e il lavoro del Governo e del Parlamento).
Ed è forte l’impressione che non ci abbiano detto tutto. Saremo sospettosi, ma questo
continuo parlare della legge “Severino” ha sentore di bruciato.
C’è, improvvisamente, l’urgenza di modificarla, per l’ipotesi di sospensione dei sindaci anche
sulla base di una sentenza di I° grado; e si parli, eventualmente, di quelli, ma senza ragioni
di fretta, che non esistono. In realtà, c’è voglia di mettere mano alla “Severino” per altri e più
sostanziali motivi, di quelli che fanno molta gola a Berlusconi ed ai suoi più attenti seguaci, che pensano di poter ottenere qualche vantaggio, anche solo per affrontare le decisioni che
dovrà prendere la Corte di Strasburgo. Alcuni giornali scrivono apertamente che proprio
questa è la richiesta di Berlusconi e la ragione che lo anima a cercare di raggiungere accordi,
perfino quando sembrerebbero a lui sfavorevoli. Ma nessuno li smentisce perché - ancora
una volta – è meglio parlare d’altro.
Ma ancora, c’è la legge sul lavoro che va in discussione in questi giorni e che dovrebbe
passare al più presto, magari – se necessario – con un altro voto di fiducia. Si dovrebbe
parlare della idoneità di questa legge a creare nuovi posti di lavoro e del fatto che si tratta di
una legge delega illegittima, perché contraria all’art. 76 della Costituzione. Ma no, tutta
l’attenzione è rivolta, ancora una volta, all’art. 18, che - perfino secondo Draghi - è un non
problema. Ci annunciano un accordo anche con la “minoranza del PD”; ma su cosa? L’art. 18,
leggiamo, resterebbe solo per i licenziamenti discriminatori e, al più, per quelli disciplinari. Ma
di che cosa si sta parlando? La disciplina dei licenziamenti discriminatori è stata sempre
ritenuta, dai più, intangibile, perché la sanzione che essi meritano è la nullità e dunque non
dovrebbe neppure porsi il problema. Quanto ai licenziamenti disciplinari, dovrebbe essere
altrettanto pacifico che – se ne è dimostrata la mancanza di fondamento – non si può
liquidare la faccenda con una manciata di denaro. Ma tutti gli altri licenziamenti, quelli cioè
che non appaiono discriminatori e non sono classificabili come disciplinari, perché mai
dovrebbero essere lasciati alla mercè della volontà del datore di lavoro e di un pugno di
euro? Si tratta proprio dei più pericolosi, quelli da cui è difficile difendersi, perché la
motivazione è stata costruita a tavolino, con l’aiuto di solerti avvocati; e per questi l’art. 18
dovrebbe essere eliminato, anche secondo la “minoranza” del PD, che lo considera un
successo. Ma poi, ripeto, il problema di fondo non è l’art. 18, come è stato più volte
riconosciuto, ma quello cui accennavo prima che consiste nel creare occupazione. Ci riesce il
Jobs Act? E in qual modo? Questo è il punto, e su questo ci vorrebbe una discussione seria in
Parlamento, con tutto il tempo necessario e non strozzando la discussione a colpi di fiducia.
Infine, il problema dell’immigrazione. Poiché alcuni capipopolo stanno parlando
continuamente alla “pancia” di molte persone disperate o in situazione di reale povertà, si
finisce, anche in questo caso, per parlare d’altro. Ed ecco gli incidenti della periferia di Roma,
ecco gli sproloqui sull’Italia che affoga e spende i suoi soldi per aiutare stranieri che
“farebbero bene a restare nel loro Paese”. Di un problema enorme, di questi milioni di
persone in cerca di una vita migliore e possibile, di questo fenomeno inarrestabile, si finisce
per parlare come di un tema di ordine pubblico, quando bisognerebbe discutere come
favorire la pace e lo sviluppo nei Paesi più diseredati e quando bisognerebbe appellarsi alla
solidarietà di tutta l’Europa, per evitare che il Mediterraneo continui a riempirsi di cadaveri.
Ma non lo si fa; e il rischio è che, stimolando i più bassi istinti e non parlando dei vari
problemi di fondo, si finisca per favorire l’aumento degli egoismi, dei razzismi, delle
xenofobie, creando un danno e un pericolo gravissimo per tutti e per la stessa convivenza
civile, oltre che per lo stesso concetto di umanità. E’ ora di tornare alla ragione. Saremo
monotoni, ma la strada continua a indicarla la Costituzione, che non solo parla di lavoro, di
solidarietà e di uguaglianza, ma indica la via della fratellanza, dell’etica, della pace, della
trasparenza, come l’unica che può salvarci dal caos.