Un ricordo indelebile.
Massimo Rendina, “Max il giornalista”, l’8 febbraio 2015 ci ha lasciato per tornare tra i mai dimenticati “suoi ragazzi de La Barca” (quartiere di Torino) caduti giovanissimi nella guerra partigiana, dei quali portava nel cuore perenne il loro ricordo. Ogni tanto, nella sede dell’ANPI di Roma, mi raccontava il suo periodo partigiano e non dimenticava mai i “suoi ragazzi”, aveva sempre presente il loro ricordo e ne rivedeva i giovani volti nel momento della morte.
Parlare di Massimo è difficile o forse facile, perché era un antifascista autentico, un comunista di grande levatura culturale, un credente, un uomo deciso ma umano, un profondo conoscitore della storia in generale e della partigiana in particolare, un uomo che vedeva la politica come servizio per i cittadini e non per un tornaconto personale.
Massimo ha vissuto tante vite, ufficiale in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale; in Italia, dopo l’8 settembre 1943, la scelta della lotta partigiana in Piemonte, nelle file della 19° Brigata Garibaldi “Giambone”, con la quale ha concorso alla liberazione di Torino, di cui era Capo di Stato Maggiore; dopo la guerra il lavoro come giornalista dell’Unità a Torino; alla RAI di cui fu il primo direttore del Telegiornale; Docente delle Telecomunicazioni; membro del Comitato Scientifico della associazione Luigi Sturzo per le ricerche storiche sulla Resistenza; ideatore e fondatore della Casa della Memoria e della Storia del Comune di Roma; membro del C. D. della Stampa romana; Presidente dell’ANPI di Roma per 12 anni e Vice Presidente dell’ANPI nazionale.
Queste solo una parte delle cariche ricoperte da Massimo Rendina nella sua lunga vita.
Per l’ANPI di Roma, la presidenza di Massimo Rendina, è stato un periodo produttivo e importante. Era normalità vedere politici, giornalisti, uomini e donne di cultura e del mondo dello spettacolo venire a trovarlo all’ANPI e che esprimeva la loro stima nei suoi confronti.
Ricordo, tra le innumerevoli iniziative prodotte, il convegno sulla Resistenza europea con i comandanti partigiani europei; i convegni sulle ideologie del 1900; l’incontro con i Sindaci delle città e località delle stragi nazifasciste, tenuto all’Auditorium di Roma; Mosca, incontro con Putin; visita dei partigiani sloveni per un convegno a Villa Pamphili, in merito alla occupazione italiana della Slovenia; partecipazione ai viaggi della memoria del Comune di Roma e specialmente negli incontri con gli studenti nelle scuole. Nel corso della presidenza di Rendina, dopo il congresso ANPI a Chianciano, sono nate decine di sezioni a Roma e provincia.
A novembre 2011, Massimo decise di lasciare ad un non partigiano la presidenza dell’ANPI di Roma, risultandone storicamente l’ultimo Presidente partigiano. Ricordo che quando arrivavo in sede e vedevo Massimo alla sua scrivania intento a lavorare, mi sentivo trasmettere una forza incredibile, perché la sua sola presenza mi faceva capire cosa erano e cosa hanno rappresentato per noi, loro figli, quei ragazzi che hanno combattuto per la libertà. Oggi vedere quella scrivania, vuota, mi da una sensazione amara, perché sta a significare che il tempo, il loro tempo è alla fine! Che ne sarà dell’ANPI quando l’ultimo partigiano ci lascerà? Certo la loro idealità ci sarà da lezione e di sprone per perpetuarne la memoria storica … ma, molti, degli “antifascisti” che sono entrati nell’ANPI dal 2006, forse, non hanno recepito il loro sacrificio, le speranze per cui hanno combattuto, la fratellanza di giovani in cerca di libertà, il rispetto per i partigiani più vecchi e da esempio da seguire, senza pensare al proprio tornaconto personale o politico, molti di questi sono venuti all’Associazione cercando di creare una ANPI vicina al loro pensiero ideale, pensandola strumentalmente.
Essere nell’ANPI impone un comportamento morale dal quale non si deroga, bisogna impegnarsi per il bene comune dell’Associazione, per continuare a farla vivere nel ricordo dei partigiani, uomini e donne che hanno saputo riscattare l’onore del Paese dopo venti anni di dittatura fascista e tanti pagando con la vita. Ed è bene ricordarlo sempre.
Caro Massimo, io figlio di un partigiano combattente, sono fiero di averti conosciuto e di esserti diventato amico, per me sei stato un fratello maggiore da cui ho imparato molto, sia storicamente che umanamente, a cui rendo merito per l’educazione (mai una parolaccia) e la naturale signorilità, sempre rispettoso delle idee diverse dalle tue ma, soprattutto, un compagno orgoglioso della nostra Patria, per la quale hai dato tutto, comprese le ferite in combattimento. Oggi molti, mancano di rispetto verso la storia dei partigiani, oscurandone con molta facilità la storia e quanto hanno dato.
Ricordo la tua amarezza nel constatare come i partiti che hanno dato partigiane e partigiani alla Resistenza, dimenticare quel periodo storico, perché capivi che perdere i valori che hanno animato la gioventù della tua epoca, può essere la strada del non ritorno o del ritorno al passato!
Caro Massimo, ricordo la tua rabbia quando vedevi l’arroganza del potere, non solo politico, verso i più deboli, crudelmente sordi ai loro bisogni. La tua e se permetti, la nostra battaglia, è sempre stata tesa a mettere in pratica i valori partigiani, tenendo sempre viva la storia e non venendo mai meno ai loro ideali, imparando ad amare quei giovani che settant’anni fa scelsero di combattere contro l’esercito, all’epoca, più forte d’Europa … vincendolo!
Massimo, assieme a tanti partigiani, mi avete insegnato ad amare questa nostra associazione, unica vera Casa degli antifascisti e grazie a voi, compagne e compagni partigiani, per quello che ci avete regalato: La Costituzione democratica e antifascista, come è stata voluta nel 1948.
Ernesto Nassi
Presidente ANPI Provinciale di Roma