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23 marzo 1944: l'attacco partigiano a Via Rasella. La più importante azione di guerra contro l’esercito occupante nazista in una capitale europea

Nonostante le pesanti perdite in termini di uccisioni e arresti che colpirono le reti clandestine dei GAP comunisti tra il gennaio e il febbraio 1944 decimandone buona parte dell'organico e delle quali caddero vittime esponenti di prim'ordine dell'organizzazione militare del Partito Comunista quali Antonello Trombadori, comandante dei GAP centrali, Guido Rattoppatore, Gioacchino Gesmundo, Maria Teresa Regard (liberata il 7 febbraio) e gli artificieri dei GAP centrali, Giorgio Labò e Gianfranco Mattei, già all'inizio di marzo le azioni di Via Tomacelli e di Via Claudia, con la distruzione di un deposito tedesco contenente più di diecimila litri di benzina, nonché l'eliminazione del commissario di Pubblica Sicurezza di Centocelle, Armando Stampacchia, ad opera del gappista dell'VIII zona Clemente Scifoni denotano una vigorosa intensificazione dell'attività di guerriglia in tutta la capitale: i GAP, unificati sotto il comando di Carlo Salinari "Spartaco", colpiscono con cadenza quotidiana le truppe nazifasciste arrecando loro gravi perdite.


    In quegli stessi giorni, sia Giorgio Amendola che Mario Fiorentini, il primo dal proprio nascondiglio di Piazza di Spagna, il secondo dal proprio appartamento in Via Capo le Case, ebbero occasione di notare il passaggio della colonna armata del Polizeiregiment "Bozen", deputato alla gestione dell'ordine pubblico in città e costituito da coscritti altoatesini reclutati tra gli abitanti della regione che nel 1939 avevano scelto di divenire cittadini del Reich: i 156 uomini della colonna, provenienti dal poligono di Tor di Quinto ove praticavano esercizi di tiro, marciavano nel pieno centro della capitale per raggiungere il Palazzo del Viminale, dove erano acquartierati. I gappisti, studiati con cura i movimenti e gli orari di transito della colonna, decisero inizialmente di colpire il nemico in Via Quattro Fontane: la scelta di Via Rasella fu anzi fortemente osteggiata da Mario Fiorentini, tra i pianificatori dell'attacco, dato che nella vicina Via del Boccaccio si trovava un'abitazione in cui erano rifugiati alcuni parenti ricercati in quanto ebrei e in cui si sarebbe successivamente trasferito lui stesso. Inoltre, nella zona si trovavano vari punti di ritrovo di antifascisti e resistenti cattolici e comunisti. Alla fine, la sostenuta pendenza dell'angusta strada che unisce Via del Traforo a Via Quattro Fontane, la presenza di due imbocchi facilmente presidiabili e di un'unica via di fuga intermedia, rappresentata dall'incrocio con Via dei Boccaccio, fece sì che ad un livello superiore della catena di comando la scelta ricadesse su Via Rasella: si trattava del luogo ideale in cui poter attaccare i militi del "Bozen" massimizzando i danni che si sarebbero potuti infliggere alla colonna che ogni giorno svoltava nella via all'incirca verso le due del pomeriggio. Il piano elaborato dal nucleo dei GAP romani prevedeva che, al passaggio della colonna, uno dei gappisti, travestito da spazzino, avrebbe innescato un ordigno nascosto all'interno di un carretto della spazzatura: a esplosione avvenuta, gli altri partecipanti all'azione avrebbero favorito lo sganciamento del gruppo coprendone la fuga con lancio di bombe di mortaio "Brixia" opportunamente modificate. L'azione fu fissata per il 23 marzo, anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento.


    Il giorno dell'attacco, un giovedì, i gappisti si posizionarono alle due estremità di Via Rasella, lungo la strada e all'incrocio con Via del Boccaccio: secondo quanto stabilito, Rosario Bentivegna, con indosso una divisa da spazzino, spinse un carrettino della spazzatura contenente l'ordigno sino all'altezza di Palazzo Tittoni. Nonostante un considerevole ritardo del "Bozen" che fece temere di dover annullare l'operazione, alle 15:45 la colonna imboccò Via Rasella: Franco Calamandrei, posizionato all'angolo con Via del Boccaccio, si levò il cappello, segnalando l'approssimarsi della colonna a Bentivegna, che accese la miccia sul fornelletto della pipa che stava fumando e poi si allontanò. Al passaggio della colonna, l'ordigno esplose e i gappisti attaccarono il resto della colonna a colpi di pistola e lanciando bombe a mano, per poi dileguarsi rapidamente; i soldati, credendosi attaccati dalle finestre degli edifici che affacciano sulla strada, cominciarono a sparare all'impazzata contro le finestre, imprimendo sui muri le tracce delle pallottole dei mitra ancora ben visibili all'angolo con Via del Boccaccio. 26 militi del "Bozen" morirono sul colpo e altri 7 morirono successivamente a seguito delle ferite riportate.


    Nonostante i processi intentati nel dopoguerra contro i gappisti responsabili dell'azione, che sancirono come l'azione di Via Rasella abbia costituito una legittima azione di guerra contro un esercito occupante, le strumentalizzazioni, le letture revisionistiche e i falsi miti che aleggiano sull'operato dei gappisti, quanto accadde in Via Rasella quel 23 marzo 1944 è unanimemente riconosciuto come la più importante ed efficace azione di guerriglia urbana mai compiuta nel centro di una capitale europea occupata dai nazisti.

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